Un parco idrografico: tra la foce del fiume Sarno e l’ex Polverificio Borbonico

Contrattista: dott. arch. Andrea Santacroce

Tutor: prof. arch. Carlo A. Manzo

Parte I

1.1 Una posizione teorica sul paesaggio

Questo ricerca si propone di studiare il sistema fluviale del Sarno come una grande opera d’architettura idraulica ed elemento naturale generatore delle forme urbane che si sono insediate nel tempo in questi luoghi. Il paesaggio e la struttura insediativa della valle del Sarno sono da sempre condizionati dal rapporto strettamente dipendente con il fiume; da questa simbiosi, tra struttura del territorio e costruzione dei manufatti, deriva la nascita e lo sviluppo dei centri urbani e la tipologia delle architetture più significativi di questa valle.

 

Fig. 0 _  schizzo dell’area studio

Fig. 0 _ schizzo dell’area studio

Il paesaggio è concepito come una componente indispensabile dell’architettura. E’ pur vero che tutte le discipline che hanno studiato la di città e il territorio hanno esasperato l’uso di questo termine in modo indiscriminato e generico. In architettura questa ipertrofia può essere arginata seguendo un taglio costruttivo. Non ci interessa parlare di paesaggismo o di quelle forme di abbellimento, di arredo arboreo, di elementi effimeri, molto di moda in questi anni, ma di ciò che permette al paesaggio esterno ed interno alle città di essere un impianto di sistema infrastrutturale. C’è un’attitudine tutta italiana nel rapportare l’architettura al paesaggio, che si lega alla trasformazione dell’idea stessa di paesaggio. Ci sono alcuni temi in cui la modificazione alla scala paesaggistica investe specifiche problematiche di tipo architettonico. Questo avviene quando lo stesso paesaggio, che fa da sfondo o da scena, entra in gioco nelle architetture, quando quel paesaggio risolve quello specifico problema divenendo materiale del progetto architettonico.

I muri a secco che delimitano le proprietà nelle campagne del sud, i terrazzamenti della costiera sorrentina con i suoi prevoli, i basamenti, le pavimentazioni, gli argini lapidei dei fiumi nelle città storiche, i viali alberati ed i percorsi campestri extraurbani, ecc..sono quelle infrastrutture che, interagendo direttamente con l’architettura, costruisco e caratterizzano il paesaggio.

In un saggio sul rapporto tra natura e città dal titolo ‘I quattro elementi dell’architettura del territorio’  anche Carlos Martì Aris pone la questione della progressiva conurbazione delle campagne intorno alle città come fondativa per una nuova teoria sul tipo di espansione delle nuove parti di città. Egli dice: ‘la trasformazione del nostro intorno fisico si determina con una rapidità e una intensità sempre maggiori e, allo stesso tempo, accelerano vertiginosamente i fenomeni di occupazione e consumo del territorio. Le strutture metropolitane crescono e si espandono mentre la natura si allontana da noi fino a diventare inaccessibile. Si compie così, come un destino inesorabile, il progressivo avanzare verso una completa artificializzazione del territorio.’ 1

Il paesaggio idrografico della valle del Sarno si è modificato nel tempo attraverso successive trasformazioni del suo corso e delle architetture di tipo infrastrutturali. I mulini, le vasche di recapito, i fossi, i controfossi, le dighe erano un sistema articolato e complesso costruito per sfruttare la forza idraulica; ma anche le traverse, i ponti, la rettifica delle sponde, le strade ripuarie, i filari d’alberi proponevano un uso sia infrastrutturale che di pubblico piacere. Il sistema cresciuto intorno al fiume Sarno, come le grandi architetture alla scala del paesaggio, si è sempre basato sul rapporto tra unico elemento naturale alla scala territoriale ed plurimi elementi architettonici alla scala urbana. Attraverso i principi insediativi agiamo sulla stessa struttura del paesaggio. Le diverse scale del progetto di paesaggio producono reazioni a catena come nel rapporto che si instaura tra le masserie, i confini ed i campi arati in Puglia o tra gli approdi e gli edifici delle tonnare con la linea di costa in Sicilia ed, in genere, tra un sistema infrastrutturale a grande scala ed i suoi nodi di raccordo. Lo studio di questo sistema vuole ripercorrere una modalità di riscoperta delle potenzialità di questi luoghi ed un metodo di lavoro da applicare in un possibile progetto di riqualificazione del fiume Sarno, partendo dalla possibilità di riconnettere il fiume alla città metropolitana che in questi anni si è costruita negando la presenza degli elementi naturali facendo in modo che la natura idrografica dei luoghi entri in contatto con i luoghi urbani essi siano residenze o spazi pubblici. Così il corso del fiume diviene il luogo in cui l’architettura si riappropria della natura definendo un preciso carattere idrico, un paesaggio costruito sull’acqua. Allora, come dice Carlo Alessandro Manzo, in un sistema aperto e discontinuo, policentrico e disarticolato come quello della valle del Sarno acquista importanza il sistema degli spazi liberi e degli elementi naturali che partecipano al disegno dei nuovi insediamenti con un ruolo non accessorio, ma strutturante del progetto. ’Paesaggi costruiti e paesaggi della natura, sagome edificate e spazi vuoti sono visti come antinomie dello stesso problema compositivo, efficacemente sintetizzato nella fortunata espressione del rapporto tra figura e fondo.’ 2

 

Fig. 1 _  Disegno tratto dal Prin 2009 delle linee strategiche per la piana del Sarno: direttrici longitudinali e ‘pendoli’ trasversali al fiume

Fig. 1 _ Disegno tratto dal Prin 2009 delle linee strategiche per la piana del Sarno: direttrici longitudinali e ‘pendoli’ trasversali al fiume

 

1.2 I termini della ricerca

Da tempo lavoriamo, con l’Unità di ricerca del Dipartimento Architettura e Disegno Industriale coordinata dal Prof. C. A. Manzo, alla predisposizione di progetti di riqualificazione del complesso sistema paesaggistico ed architettonico della valle del Sarno ed in particolare delle aree a ridosso del Sarno tra Pompei e Scafati. Già nel 2008 con il workshop “Attraversare Pompei” curato da Emanuele Carreri si individuavano quattro aree sensibili nelle frange periferiche di Pompei con l’intento di superare le diverse fratture urbane provocate dalla costruzione delle infrastrutture metropolitane, mentre nella Ricerca Nazionale Prin 2009 “Dalla campagna urbanizzata alla città in estensione: norme compositive dell’architettura del territorio e dei centri minori” si approfondivano alcuni temi di carattere  urbano compositivo per ‘studiare modelli di urbanizzazione della campagna che rispondano in modo sostenibile e progressivo alle esigenze residenziali, produttive e paesaggistiche delle aree periurbane’ 3. Partendo da queste considerazioni, si proponeva la riconnessione strutturale ed identitaria dei territori solcati dal Sarno attraverso un progetto di grande scala che, utilizzando il fiume come cerniera territoriale, proponeva una ipotesi di espansione urbana dei piccoli centri della valle concentrata su stringhe trasversali al fiume ed alcune ipotesi puntuali poste in stretta relazione con il sistema idrico. Di questo ultimo sistema ne abbiamo disegnato una carta dove sono evidenziate le aree studio d’interesse strategico. (fig. 1)

Allora, questa Ricerca, nell’ambito del tema portante ‘Ecoturismo urbano per la fruizione dei beni culturali in campania’, amplia, rivede ed approfondisce alcuni miei studi analitici e progettuali affrontati per la ricerca Prin 2009. L’ipotesi teorica è che il Parco Fluviale del Sarno sia rappresentato come un sistema infrastrutturale storico dal carattere leggero, vegetale e di parti costruite nel tempo. Questo sistema unitario composto da nodi può essere descritto attraverso una serie di sezioni urbane trasversali che ne determinano il carattere, la forma e lo spessore variabile. La riscoperta del significato storico di questi luoghi attraverso il recupero dei punti significativi, pensiamo possano favorire lo sviluppo turistico/economico della Valle dell’Agro Nocerino Sarnese. Lo studio ha osservato i processi di trasformazione delle città di pianura tra Castellammare e Sarno, sul limite provinciale di Napoli e Salerno, proponendo un aggiornamento dell’analisi tipo-morfologica, funzionale e paesaggistica da approfondire in condizioni-tipo significative degli insediamenti della valle del Sarno. I temi architettonici svilupperanno problematiche urbane generiche:

  • il recupero e la riconversione delle aree libere e intercluse e delle zone rurali periurbane;
  • la valutazione dei modelli di espansione sulle frange esterne sulla base di esperienze anche a livello europeo;
  • linee di intervento per la ricomposizione, e l’inserimento dell’architettura contemporanee nel ristrutturazione dei tessuti della città consolidata;
  • innovazione tipologica, adeguamento tecnologico e ambientale e procedimenti di contaminazione architettonica nelle strutture residenziali e produttive;
  • i criteri per l’intervento sui vuoti e sulle aree a ridosso del fiume Sarno, con particolare attenzione alle caratteristiche e all’urbanizzazione del territorio pompeiano e scafatese;
  • l’irrisolto rapporto tra la natura funzionale dell’Infrastruttura e i tanti paesaggi dell’area periurbana dei piccoli centri della Valle del Sarno (paesaggio agricolo, paesaggio urbano, paesaggio collinare…);
  • il recupero dei quartieri economici e popolari a partire dalle nuove esigente tecnologiche, dalla mancanza di servizi e dalle nuove esigenze tipologiche e funzionali delle residenze.

A partire da questi temi più generici la ricerca si pone due obbiettivi che possiamo definire di rifondazione dei principi e delle strategie urbane (fig. 2):  il primo parte dall’idea di riportare nel dominio dell’architettura i temi della sistemazione idraulica del Sarno e del canale Bottaro in modo da proporre una nuova forma del paesaggio predisponendo un abaco di punti sensibili della infrastruttura fluviale e gli elementi rendono praticabile la navigabilità:

  • gli attracchi, gli attraversamenti, i ponti, le sponde, le paratie;
  • la risagomatura, la naturalizzazione e la ricostruzione delle sezioni degli argini;
  • le operazioni per la difesa delle piene, le vasche di laminazione

il secondo, è il recupero degli edifici architettonici fluviali come elementi interni al Parco con funzioni di scala territoriale intrecciando la questione del parco come attrattore turistico alle tematiche del recupero dei volumi industriali di pregio e alla rivitalizzazione ambientale e paesaggistica degli elementi naturali:

  • la costruzione della seconda foce ed il recupero dello ‘Stagnone’ ;
  • il recupero dei volumi industriali esistenti per attività culturali;
  • il recupero della ‘Darsena al Ponte Nuovo’;
  • il recupero dell’ex Polverificio Borbonico come ‘museo dell’ambiente’;
  • il recupero dell’isola dei mulini nel centro di Scafati:
  • il recupero dell’abazia di Realvalle come polo museale della storia della valle del Sarno;
  • la sistemazione del sito archeologico paleolitico degli scavi di Longola.

 

Fig. 2  Disegno dell’individuazione dei nuovi punti strategici sul fiume Sarno

Fig. 2 Disegno dell’individuazione dei nuovi punti strategici sul fiume Sarno

 

1.3 Approccio metodologico e riferimenti

Ci interessano i lavori progettuali di alcuni architetti che hanno sviluppato studi analoghi ai temi che stiamo trattando in questa ricerca. Queste riflessioni teoriche ed, che in alcuni casi hanno trovano un’applicazione concreta attraverso sperimentazioni progettuali realizzate, trovano riscontro con l’approccio metodologico usato nel nostro caso studio che affonda le sue ragioni nel tema più generale del rapporto tra elementi architettonici e corsi d’acqua. Nel 1980 J.N. Baldeweg, nel dottorato di progettazione presso la ETSAM di Madrid, studia e rileva il Canale di Castiglia a partire dalla sua ideazione avvenuta nel 1753 ad opera di re Ferdinando IV fino ai progetti di ristrutturazione di alcuni mulini. Pone in questo studio la necessità della rinascita della vita del canale, anche parziale, anche potenziando funzioni diverse da quelle che a suo tempo erano state prioritarie innanzi tutto per il ripristino del suo valore paesaggistico. ‘I filari di alberi, per esempio piantati lungo gli argini del canale, oltre a fruttare il legname sono diventati un importante elemento ambientale. Seguendo il corso del canale hanno una funzione viva e una funzione emotiva; essi fanno parte e identificano le zone sulle quali sono stati tracciati, e sono l’impronta visibile del territorio.’ 4 Il Canale di Castiglia è un’opera ciclopica rispetto al Canale del Sarno costruito dai Borbone per rettificarne il suo tragitto: costruito in più fasi fino al suo completamento avvenuto nel 1849 si svolge, lungo tutto il percorso di circa duecentosette chilometri, con una larghezza che varia da un massimo di ventuno metri a un minimo di undici. Si possono contare quarantanove chiuse che segnano i punti di maggiore complessità costruttiva e su questi salti di quota vengono costruiti i mulini per la produzione della farina, le abitazioni degli addetti alle chiuse e ai ponti.

 

Fig. 3  Percorso del canale di Castiglia con indicazione enumerazione delle chiuse

Fig. 3 Percorso del canale di Castiglia con indicazione enumerazione delle chiuse

Dello stesso autore è anche il progetto del 1984 per la ristrutturazione dei Mulini Vecchi di Murcia. Anche la storia del fiume Sarno è contrassegnata da uno stretto rapporto di necessità economica della valle, fino alla fine dell’ottocento, tra i Mulini ed il fiume anche se rimangono pochi resti da recuperare. Con questo progetto J. N. Baldweg recupera  l’edificio come centro culturale e museo idraulico ripristinando la sua forma originaria eliminando tutte le superfetazioni successive alla sua dismissione come mulino preservando tutte quelle sue parti che ancora sono importanti come archeologia industriale. ‘I criteri seguiti da questo progetto di recupero si orientano in direzioni opposte: si vuole ottenere un rigore nel restauro dell’ordine fisico originale dei mulini e al tempo stessosi propone di costruire in piena libertà un’aggiunta che senza disturbare sostanzialmente questa immagine di base, permetta il miglior uso del centro.’ 5

 

Fig. 4  Sezioni e veduta del modello dei Mulini Vecchi di Murcia

Fig. 4 Sezioni e veduta del modello dei Mulini Vecchi di Murcia

 

Sempre di J. N. Baldweg tra il 2001 e il 2005 è il progetto di recupero del Mulino di Martos ed il lungofiume del Guadalquivir a Cordoba. E’ un intervento urbano con un effetto poderoso che si riverbera su tutto il centro storico a partire dalla sistemazione del parco lungo il fiume strettamente collegato al recupero del mulino come museo idraulico. Il parco del lungofiume diviene un belvedere che permette la vista del profilo della città antica. Anche in questo caso il mulino con la sua nuova funzione permette di recuperare la memoria industriale e produttiva della città ed il rapporto naturale con il fiume. Il parco è organizzato da tre direttrici che si aprono a ventaglio da uno spazio sistemato con tre vasche parallele al fiume.

Fig. 5  Immagine del Parco lungofiume del Guadalquivir a Cordoba

Fig. 5 Immagine del Parco lungofiume del Guadalquivir a Cordoba

Nel 1991, invece, Francesco Venezia all’interno di una più ampia iniziativa pilota della Regione Valenciana per il recupero del centro storico di Alcoy lavora alla sistemazione dell’alveo dei rii Barxell e Molinar partendo dall’idea di riportare nel dominio dell’architettura il tema della sistemazione idraulica e trasformando difese e presidi contro piene e inondazioni in fattori di forma del paesaggio. La caratteristica dei due alvei è la forte pendenza, anche con salti d’acqua, determinati nel passato per lo sviluppo industriale della città, potendo essi fornire l’energia necessaria al funzionamento di filande e opifici così come è avvenuto nella valle del Sarno nell’ottocento. Esaurita questa funzione, si è scelto di convertire il vallone in parco per la città, con il recupero parziale delle vecchie strutture industriali. Il progetto ha studiato una serie di sezioni d’inondazione controllata, con lo scopo di mantenere inalterato l’andamento naturale dei meandri. Lo studio del periodo e dell’intensità delle piene ha determinato la scelta dei materiali dei terrazzamenti e delle scarpate e dell’uso differenziato della vegetazione.

Fig. 7  Tavola sinottica con pianta del vallone e le sezioni di inondazione controllata

Fig. 7 Tavola sinottica con pianta del vallone e le sezioni di inondazione controllata

 

Nello stesso periodo aveva progettato un edificio nel quartiere Buida Oli nel cuore di Alcoy che permetteva l’accesso dalla città al parco della vallata dall’alto, mediante un parcheggio e una torre con scale e ascensore. ‘La nuova forma architettonica consolidava l’immagine della città vecchia proprio nella parte dove essa è attualmente più fragile e discontinua, rinnovando una pratica tradizionale che ha sempre considerato le infrastrutture e, più in generale, le opere don consolidamento del suolo, determinanti per la bellezza della città’. 7 Già nel 1984 aveva scritto a proposito del progetto di recupero dell’acquedotto Carolino a Caserta sul rapporto tra architettura ed acqua nel saggio ‘Il regno dell’acqua’ confrontando gli archi del Ponte della Valle a Maddaloni con il rudere della Piascina Mirabilis a Bacoli. Il progetto per il recupero del Belvedere di San Leucio prevedeva una grande cisterna che sarebbe stata il naturale punto di arrivo e di accumulo dell’acqua del condotto e che al contempo, con il suo mondo di penombra e di riflessi, avrebbe costituito una terza ‘stazione’ dell’architettura dell’acqua, dopo il Ponte della Valle e la cascata e le vasche artificiali nel Parco della Reggia a Caserta. 8

Fig. 9  Disegno del corridore che collega San leucio con la fontana di Diana e Attone del parco della Reggia .

Fig. 9 Disegno del corridore che collega San leucio con la fontana di Diana e Attone del parco della Reggia .

Nei progetti a grande scala di Alvaro Siza, quasi sempre, l’impianto urbano, il tessuto residenziale, gli edifici pubblici sono corpi aggiunti ad un sistema infrastruturale formato da strutture tecnico/funzionali e spazi pubblici come l’acquedotto nel Quartiere della Malagueira ad Evòra. Il disegno di tali elementi selezionati crea equilibri urbani dinamici ed assialità bilanciate alla maniera di Alexander Calder. Per il Concorso della Nuova Biblioteca di Parigi schematizza un diagramma dove gli edifici, per dimensione ed importanza storica, sono controbilanciati come pesi attraverso il rapporto che il sistema degli assi e degli attraversamenti stabiliscono con la Senna. L’inserimento del nuovo edificio pubblico da una parte altera i rapporti tra i poli preesistenti dall’altra ne rinnova e ne stabilisce nuovi. Il disegno ci indica il principio insediativo utilizzato da questi edifici speciali in rapporto al fiume elemento artificiale/naturale e di cesura/connessione attraverso la definizione delle giaciture, degli assi urbani e dei tracciati regolatori.9

Fig. 10  Sistema degli assi in rapporto agli attraversamenti della Senna.

Fig. 10 Sistema degli assi in rapporto agli attraversamenti della Senna.

Altro interesse, invece, rivestono gli studi condotti dall’Unità di Ricerca coordinata da Giorgio Lombardi presso lo IUAV di Venezia per il Prin 2002 ‘INFRA’ che trattano, a partire dalla vicenda relativa alla mancata realizzazione dell’idrovia Padova-Venezia, del recupero di una fascia di suoli espropriati per la costruzione di quest’infrastruttura  e di quel che resta di due tratti del canale navigabile alle estremità di questa fascia. Nel primo tratto del canale i suoi argini diventano supporto di attività ricreative, nuove superfici ‘dure’ da usare nel tempo libero; parallelamente si agisce sul potenziamento del carattere ambientale ampliando le aree verdi e modificando il bacino con una nuova darsena. Sulla traccia dell’idrovia non realizzata si disegna un parco lineare attraverso l’uso di materiali e spessori del suolo diversi che si intrecciano all’orditura dei campi e delle strade poderali, si disegna una nuova strada che infrastruttura un’area destinata ad attività produttive. Nel secondo tratto di idrovia esistente viene utilizzato il bordo come supporto per residenze ed officine le prime poste sulla sommità dell’argine ed aperte verso il canale, le seconde sono incassate nell’argine ed aperte verso il paesaggio rurale. 10

Fig. 11  Progetto di recupero dell’idrovia Padova-Venezia

Fig. 11 Progetto di recupero dell’idrovia Padova-Venezia

L’area di Moreggine è già stata studiata per il  Workshop “Attraversare Pompei” curato da Emanuele Carreri. In quel contesto l’intervento, cercando di risolvere il problema delle ri–connessioni con i borghi limitrofi, individuava alcuni temi architettonici disposti lungo gli assi di collegamento che attraversavano sia il Sarno che il Canale Bottaro; il quartiere, così, veniva dotato di quelle funzioni minime che consentivano di ripristinare una nuova identità. Un piccolo museo archeologico, il mercato coperto, il centro scolastico, la biblioteca, un auditorium ed un centro di ricerche ambientali come poli del Parco Agricolo Diffuso divenivano gli elementi atti a definire la nuova organizzazione spaziale e urbana. Tra le proposte di ricucitura dell’area si dava maggiore forza  al sistema nord – sud formato da sottopassaggi, sovrappassi e ponti che consentivano: una maggiore permeabilità verso l’area degli scavi di Pompei, l’attraversamento del Sarno, il collegamento dell’area mercatale con la fascia a sud del fiume. Le  architetture partecipavano a consolidare questo sistema di superamenti e ricuciture. 11

 

 

 

Parte II

2.1 Vincolistica e realisticità dei temi

La nostra ipotesi prende spunto dalle reali esigenze trasformative dei comuni e delle provincie interessate e recepisce le direttive di due progetti dell’Autorità di Bacino: il Grande Progetto Fiume Sarno del 2009 dove si prevede la sistemazione idraulica dell’intero bacino con alcuni interventi di bonifica mirati alla rimozione dei sedimenti inquinati ed il Progetto di Piano Stralcio Difesa delle Coste dove è presente uno studio sulla ‘Navigabilità’ del fiume. Le opere del Grande Progetto, proprio per le loro peculiarità strutturali, interessano direttamente il sistema territoriale prevedendo: la riqualificazione idraulica ed ambientale del basso corso del fiume Sarno con la realizzazione della seconda Foce mediante la rifunzionalizzazione dei canali Bottaro, Conte Sarno e la riqualificazione dell’ambito costiero; un sistema di vasche di laminazione ed aree di espansione controllata per il trattenimento a monte dei volumi di piena; riqualificazione dell’ambiente fluviale al fine di ricostituire continuità delle aree di bordo e connessioni trasversali.

Il ‘Grande Progetto’ partecipa direttamente all’attuazione degli obiettivi della vigente pianificazione di Area Vasta del “Piano Territoriale Regionale” ricadendo in parte nelle perimetrazioni del Parco Regionale del Bacino Idrografico del fiume Sarno, salvaguardando le aree della “Rete Natura 2000”.

Fig. 13  Inserimento urbano dell’individuazione dei nuovi punti strategici sul fiume Sarno

Fig. 13 Inserimento urbano dell’individuazione dei nuovi punti strategici sul fiume Sarno

 

La ricerca Prin 2009 intendeva ridefinire le direttrici trasversali del fiume attraverso il bilanciamento dei nuovi pesi urbani della valle con il potenziamento dei cunei verdi e dei corridoi ecologici e la valorizzazione della direttrice longitudinale al fiume con un sistema di nuove attrezzature a scala sovra comunale. Questo sistema ricuciva i nuovi nuclei urbani relazionandoli con le emergenze ambientali, prevedendo il recupero delle matrici storiche del paesaggio rurale come le centuriazioni, le canalizzazioni, il reticolo idrografico, le architetture rurali al fine di stabilire interconnessioni con il patrimonio architettonico, naturalistico ed ambientale. Così diviene una base di ragionamento la vincolistica esistente che prevede la delimitazione delle aree del Parco Fluviale, le aree a rischio esondazione, le aree rosse del Piano Emergenza Vesuvio in sinergia con i due Piani a scala provinciale dei PTCP di Napoli e Salerno.

 

2.2 Trasformazioni urbane tra Scafati e la foce del Sarno

Sul carattere architettonico e paesaggistico della Valle del Sarno rimando ad un mio articolo dal titolo ‘Un paesaggio idrografico. Studi topografici ed urbani nella valle del Sarno’ che descrive in modo generico le trasformazioni della valle. Invece per questa ricerca, in relazione al quadro d’esperienze del Progetto Campus, abbiamo focalizzato la nostra attenzione al tratto di territorio che da Scafati arriva alla costa. Ci è sembrato indispensabile mettere a fuoco alcuni momenti storici salienti, facendo ricorso a quadri, incisioni, documenti e cartografie storiche (quest’ultime dell’archivio IGM), che ci hanno permesso di delineare le trasformazioni urbane di quest’area a partire dall’intervento Borbonico di rettifica dell’alveo del Sarno al tentativo di utilizzarlo come via d’acqua, dalla realizzazione dell’ex Polverificio alle realizzazioni infrastrutturali per renderlo efficiente, dalle evoluzioni urbane degli anni ’60 di Pompei, Scafati e Castellammare fino alla realizzazione dei giorni nostri della rete complessa del sistema delle infrastrutture. Abbiamo esaminato tre passaggi temporali prima e dopo l’intervento Borbonico e subito dopo la guerra fino ad oggi.

Fig. 14 _ IGM 1818 e due disegni anonimi dell’800: i Mulini Bottaro (sopra) e del Ponte Persico (sotto) rintracciabili nella planimetria

Fig. 14 _ IGM 1818 e due disegni anonimi dell’800: i Mulini Bottaro (sopra) e del Ponte Persico (sotto) rintracciabili nella planimetria

Il primo momento è fissato nella carta ‘Castellammare e dintorni – Foglio 1’ edita dall’Igm nel 1818. Sono perfettamente leggibili il sistema dei canali e cioè il Real Canale Conte di Sarno, il Bottaro ed il Fiume Sarno. Spesso si è fatta confusione tra la posizione del Canale del Conte e del Fiume Sarno. Il primo su fatto costruire nel secolo XVI dai Conti Tuttavilla sotto la direzione di Domenico Fontana per portare l’acqua ai propri mulini a Torre Annunziata. Cosa che fa di quest’opera un momento significativo dell’evoluzione della valle è il suo legame con la scoperta dei resti archeologici di Pompei. Infatti per poter attraversare la collina su cui sorge la città romana gli scavi rivelarono la presenza di templi, case, strade, portici ed altri monumenti antichi, e per non danneggiarli, proseguirono costruendo lunghe gallerie’18 . Così come sembra importante la presenza di questo corso d’acqua perché è il segno della probabile sede dell’originario corso del fiume Sarno che definiva il fronte sud est del promontorio di Pompei e sulle cui sponde vi era l’antico porto. In seguito alla devastante eruzione del 74 d.c. la lava modificò l’orografia della valle spostando più a sud, nell’attuale posizione del letto del fiume.

Fig. 15 _  IGM 1909 e due immagini: il Ponte Nuovo (sopra) e il disegno della Vasca di Navigazione (sotto)

Fig. 15 _ IGM 1909 e due immagini: il Ponte Nuovo (sopra) e il disegno della Vasca di Navigazione (sotto)

L’altro elemento che caratterizza l’importanza di questa tavola storica è il rilievo del tracciato originario del Sarno e del Canale Bottaro con la presenza dei Mulini di Scafati, i Mulini del Bottaro ed i Mulini ed il Ponte Persica ed la foce descritta da una lunga ansa parallela alla costa detta dello Stagnone. La costruzione del Canale Bottaro risale al 1620 circa quando i Conti di Celano e feudatari di Scafati costruirono al confine con Torre Annunziata i loro opifici causando l’innalzamento del pelo dell’acqua e l’impaludamento delle campagne verso la foce.

La Rettifica del Fiume Sarno avviata da Ferdinando II di Borbone intorno al 1850 in concomitanza della costruzione del Real Polverificio di Scafati permise la bonifica della foce e l’utilizzo dell’acqua per l’attivazione delle macchine dei mulini e degli opifici della valle.

Questa decisiva trasformazione si può rilevare nella Carta Igm del 1909 dove sono oramai completate tutte le opere di rettifica borboniche del fiume Sarno. Della Pompei di Bartolo Longo sono evidenti il Santuario e l’Ospizio mentre la ferrovia già definisce un primo taglio netto nella valle. Ci interessa, innanzitutto, evidenziare la trasformazione  dei tre nodi che intendiamo approfondire come nodi strategici per il progetto di riqualificazione del Parco fluviale del Sarno sono:

1 – nell’area della foce sul versante nord si può individuare lo Stagnone, il sistema di acque retrodunali che si armonizzava con la vecchia foce del Sarno ed oggi area naturalistica e riserva; sul lato sud l’edificio a corte quadrata dello stabilimento Cattori. Questo fu fondato dal belga Charles Finet  nel 1870 sulla spiaggia di Castellammare di Stabia era una officina per il trattamento del ferro di prima lavorazione, sotto la direzione dell’ingegnere Alfredo Cottrau che nel 1865 aveva disegnato la tettoia della stazione centrale di Napoli e si apprestava a progettare il ponte Politetragonale Portatile che venne utilizzato per la costruzione della ferrovia Napoli – Salerno.

2 – il nodo del Ponte Nuovo, la Vasca di Navigazione ed il Mulino De Rosa che definiscono il punto in cui il Canale di rettifica si tripartisce sotto le tre arcate del ponte per consentire da un lato il passaggio di carico del Mulino, al centro la prosecuzione del fiume e dall’altro lato la costruzione del canale e della vasca di navigazione che permetteva alle imbarcazioni di superare il dislivello creato per fornire maggiore forza motrice al mulino.

3 – l’ex Polverificio che già in questa carta è indicato come Real Istituto dei Tabacchi ma che conserva quasi inalterato l’impianto storico: il nucleo edificato su bordo strada della grande corte allungata nord – sud ed il recinto murato tra il canale Bottaro ed il Sarno.

Fig. 16 _ Aerofotogramma IGM 1956 e foto anni ‘60: Istituto Sperimentale di Tabacchi (sopra) e Ponte Nuovo (sotto)

Fig. 16 _ Aerofotogramma IGM 1956 e foto anni ‘60: Istituto Sperimentale di Tabacchi (sopra) e Ponte Nuovo (sotto)

 

Il  terzo periodo che analizziamo si evince dalla lettura di una foto aerea zenitale del 1956 dell’archivio Igm e da due foto coeve. Ad una prima indagine non vi sono ancora i grandi stravolgimenti degli anni successivi al ‘boom economico’. Ma possiamo notare al cune significative variazioni nei tre punti da noi studiati: alla foce si intensifica la costruzione di capannoni industriali sia sul versante di Torre Annunziata che di quello di Castellammare; il nodo del Ponte Nuovo è ancora ben visibile anche se il Mulino De Rosa è in disuso come si può notare anche dalla foto, in basso, di quegli stessi anni così il canale di carico è già del tutto interrato; l’istituto Sperimentale di Tabacchi, invece, utilizza la porzione di spazio prospiciente l’edificio dell’ex Polverificio per ampliare i propri edifici e chiudendo la strada di collegamento nord – sud così come si può notare dalla foto in basso.

Come accennavamo in precedenza gli stravolgimenti degli ultimi anni hanno nascosto le tracce storiche di questo territorio ed ancor di più l’opera borbonica di rettifica del fiume come sistema infrastrutturale. Dagli anni ’60 in poi i piani di lottizzazione residenziale e una dissennata politica industriale hanno trasformato la valle ed in particolar modo la porzione di territorio, da noi indagata tra Scafati e la Foce del Sarno, in un crogiuolo di pezzi diffusi di ‘micro città’ e di ‘recinti metropolitani’ in una città diffusa. Il paesaggio è tra le cose, e la stessa città può essere definita ‘città paesaggio’; i due termini si compenetrano in modo in districabile, sta a noi riconoscerne le parti sane. Dopo gli anni ’60 l’Autostrada Napoli-Salerno solca tale paesaggio correndo da Pompei  a Nocera quasi parallelamente alla Ferrovia che viene supportata dalla Ciucumvesuviana lungo la costa. Nonostante questi stravolgimenti urbani il corpo della nostra indagine è ancora evidente e vivo; allora ragionare al suo recupero all’interno del Parco del Fiume Sarno ci sembra una necessità ineluttabile. Sui Piani e la vincolistica già abbiamo discusso, ma pensiamo anche che tali Piani non tengano conto della possibilità di immaginare, in modo razionale, un futuro migliore.

 

2.3 La navigabilità del Sarno ed il progetto borbonico ottocentesco

 “Subito dopo [Napoli] c’è il castello Eracleo con un promontorio che si protende nel mare, su cui spira meravigliosamente il libeccio, tanto da rendere salutare il centro abitato. Sia questo sia Pompei che vien dopo, presso la quale scorre il fiume Sarno, li possedettero gli Osci, poi gli Etruschi e i Pelasgi, quindi i Sanniti, che pure furono cacciati da quei luoghi. Pompei, presso il fiume Sarno che accetta e spedisce merci, è il porto di Nola, di Nocera e di Acerra, centro omonimo di quello presso Cremona. Sovrasta tutti questi luoghi il monte Vesuvio”. 15

Il paesaggio fluviale è caratterizzato dal percorso tortuoso del fiume con una vegetazione naturale costituita da formazioni ripariali a vari stadi di conservazione e naturalità. Presenta un valore medio per composizione floristica e per complessità e pregio delle associazioni fitosociologiche e per presenza di biodiversità, ma si connota comunque come paesaggio tipico e come elemento di discontinuità rispetto al paesaggio della pianura alluvionale circostante. La presenza di attività umane che purtroppo insistono, fin sul ciglio delle sponde, con fabbricati destinati a vari usi, residenziali e non, con reflui di scarichi urbani, industriali e acque di drenaggio dei suoli agrari contribuisce tuttavia a determinare un elevato stato di degrado ambientale con forte riduzione degli habitat idonei ad accogliere specie faunistiche tipiche di questo ecosistema.

La nostra ipotesi si basa sugli studi già pubblicati dall’Autorità di Bacino. In questo senso va inquadrato il Progetto di realizzazione della seconda Foce che assume il “sistema fiume” come elemento di riqualificazione e di recupero del patrimonio storico-ambientale fluviale, nonché quale generatore di “sviluppo” in un’ottica di sostenibilità ambientale. Si ritiene che l’area della confluenza possegga numerose potenzialità grazie al valore rappresentato dalle specificità del suo paesaggio nel suo rapporto con l’ambito fluviale. I territori interessati sono caratterizzati, nel loro insieme, da una forte potenzialità di sviluppo che apparentemente è in contrasto con l’attuale situazione territoriale, connotata dalla presenza di elementi di interesse non adeguatamente valorizzati ma di grande pregio e, da elementi di degrado che vanno recuperati e/o eliminati ai fini della riqualificazione complessiva del “sistema fiume” e del recupero del suo originario valore.

Nell’ambito del Progetto Integrato (P.I.) “Parco Regionale del Fiume Sarno”, l’Autorità di Bacino del Sarno, la Provincia di Napoli, il Comune di Torre Annunziata e l’Ente Parco Regionale del Bacino idrografico del fiume Sarno, nell’ottica di un approccio integrato, hanno sviluppato la proposta progettuale “Delta del Sarno. Recupero e riqualificazione dell’area costiera dello Stagnone mediante la realizzazione di ambienti umidi naturali e/o artificiali”.

L’area di intervento è situata in un contesto territoriale di rilevanza centrale rispetto all’intero corso del fiume Sarno, posta tra la fascia costiera e l’estremo nord dell’agronocerino sarnese, compresa nell’ambito dei comuni di Castellammare di Stabia (Na), Pompei (Na), Scafati (Sa) e Torre Annunziata (Na). In particolare, l’area ricade interamente nel territorio di competenza dell’Autorità di Bacino del Sarno ed è inclusa, in parte, nel “Parco Regionale del Bacino Idrografico del Fiume Sarno”. L’ambito, caratterizzato da una elevata pressione antropica e da fenomeni di forte urbanizzazione, è segnato da un continuum urbano, con forte commistione tra insediamenti produttivi e residenziali ed aree di valore storico-paesistico e naturalistico-ambientale. L’attuale assetto insediativo è il risultato di processi di trasformazione che hanno determinato, nel corso degli anni, rilevanti modificazioni territoriali, alterando peculiarità e caratteristiche ambientali e paesaggistiche dell’area.

L’area cosiddetta dello “Stagnone”, situata nel comune di Torre Annunziata (Na), lungo la fascia costiera a nord della foce del fiume Sarno, in località Rovigliano, ambito di particolare rilevanza all’interno del Parco Regionale del fiume Sarno. Ha costituito un’antica “zona palustre”, residuo delle paludi costiere che caratterizzavano il litorale torrese-stabiano prima della rettifica al corso terminale del fiume Sarno voluta dall’ultimo Borbone nel 1855 (che ha subito nel corso degli anni, in seguito agli interventi di rettifica del fiume Sarno), una trasformazione dell’assetto originario. L’area, attualmente in stato di degrado, si colloca lungo la fascia costiera, con un’estensione di circa 3 ettari, in una posizione di particolare pregio naturalistico-ambientale.

L’area compresa tra il corso del fiume Sarno e il Canale Bottaro che si estende dalla traversa di Scafati sino alla re immissione del Bottaro nel Sarno. Questo ambito, interamente compreso nelle fasce di esondazione A e B del “Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico”, è caratterizzato da condizioni di rischio “molto elevato” ed “elevato” per gli insediamenti esistenti ed interessato dai lavori di sistemazione idraulica. L’ambito comprende parte del centro storico di Scafati, già oggetto del Piano di Recupero predisposto dal Comune che prevede la riqualificazione del parco urbano in prossimità della biforcazione tra il fiume Sarno e il Canale Bottaro. Più a valle, nel comune di Pompei e in prossimità della foce a Torre Annunziata, l’area è occupata da insediamenti industriali, alcuni dei quali in via di dismissione o riconversione, con indici di copertura fondiaria pari almeno al 50%. Nell’approccio integrato adottato in sede di progettazione degli interventi di difesa e regimazione si è tenuto conto delle opportunità di riqualificazione dell’area che assume valenza di itinerario privilegiato, di connessione anche visuale, tra il centro di Scafati, la rocca degli scavi archeologici di Pompei e il mare.

Le trasformazioni preferenziali sono da indirizzare quindi verso una progressiva riduzione delle superfici edificate e dismissione degli impianti produttivi più impattanti, favorendo l’eventuale recupero con attività che non comportino aggravio del carico antropico e/o interventi sulla rete infrastrutturale che implichino ulteriori interferenze con il reticolo fluviale. La visione preferenziale tende a estendere il Parco come naturale prosieguo di quello di Scafati, annettendo a tutti gli effetti l’intero ambito al “Parco Regionale del Bacino Idrografico del Fiume Sarno” che attualmente ne comprende solo alcune porzioni. 16

L’intento complessivo della proposta di fruizione è stato rivolto, non già, verso l’individuazione di percorsi alternativi agli esistenti itinerari turistici, bensì alla realizzazione di un circuito che costituisse, di per sé, elemento di pregio e di valorizzazione per la valle del fiume Sarno anche in prospettiva dell’entrata a regime del Parco Regionale. Nello specifico, la proposta di navigabilità, schematicamente riportata nell’allegata “mappa degli approdi”, individua due percorsi principali che si snodano lungo il basso ed il medio corso del fiume Sarno connettendo il centro storico di Scafati, rispettivamente, alla foce ed al sito archeologico di Longola. Il primo percorso, di circa sei chilometri, individua, come punti terminali, gli approdi dello Stagnone e della Villa Comunale di Scafati, proponendo una serie di “scali” intermedi in corrispondenza di punti strategici per la mobilità e la fruizione turistica dell’area; in quest’ottica, sono stati individuati percorsi pedonali e ciclabili che, partendo dai punti di approdo, consentissero di raccordare le emergenze storico-culturali e valorizzare gli elementi di archeologia fluviale (mulini, paleoalvei, canali di bonifica); suggestivo l’itinerario che, sfruttando le opportunità di riqualificazione derivanti dall’adeguamento del canale Bottaro a seconda foce del fiume Sarno, permetterebbe di connettere il centro storico di Scafati all’area archeologica di Pompei; in questo caso, la parziale navigabilità del canale, possibile fino al sito dell’ex ATI Carta, richiederebbe l’interscambio con un percorso “terrestre” al quale, tuttavia, ben si presta l’attuale stato dei luoghi.

La navigabilità del corso inferiore del fiume Sarno è stata pensata per imbarcazioni di piccole dimensioni (basso pescaggio) ed in prospettiva dell’adeguamento idraulico del corso d’acqua; la riprofilatura delle attuali sezioni, infatti, verrebbe concretamente a migliorare le possibilità di fruizione, tanto in termini di facilità di approdo, quanto di incremento dei franchi di sicurezza rispetto alle esistenti opere di attraversamento; a tal riguardo, il ponte ferroviario sulla foce costituirebbe il principale ostacolo all’ipotesi di mobilità. Quanto all’accessibilità dal litorale torrese- stabiese, resta inteso che il terminale fissato in corrispondenza dell’area dello Stagnone dovrà costituire un idoneo approdo per l’interscambio tra i natanti in arrivo dalle vicine strutture portuali (Marina di Stabia e approdi torresi) e le imbarcazioni leggere per la risalita del fiume Sarno.

La seconda parte del percorso è stata pensata, invece, per la navigabilità della parte di maggior pregio del fiume Sarno; quella che, per una lunghezza di circa sette chilometri, dal sito storico della “draga” (appena fuori dall’abitato di Scafati) perviene all’area archeologica di Longola, tra sponde naturali, attraversando la campagna scafatese; per tale tratto è stato previsto un unico approdo intermedio, in corrispondenza dell’abbazia della Realvalle; anche in questo caso, l’adeguamento idraulico del corso d’acqua, risagomando le sezioni utili al deflusso, è risultato determinante per il miglioramento delle condizioni di navigabilità; a tal proposito, il ponte di S. Marzano costituirebbe il principale ostacolo all’ipotesi di mobilità. Le possibilità di riunire i due percorsi illustrati in un unico grande sistema di navigazione leggera per la connessione del mare alla piana, anche includendo la via d’acqua del “nuovo” canale Bottaro, restano, chiaramente, subordinate alla rimozione della traversa di Scafati ed alla relativa riconfigurazione dei profili di fondo alveo. 17

 

Fig. 17 _ Giovanni Sarritelli, 1858 ‘Rettifica del fiume Sarno’, olio su tela, Museo Nazionale di San Martino, Napoli

Fig. 17 _ Giovanni Sarritelli, 1858 ‘Rettifica del fiume Sarno’, olio su tela, Museo Nazionale di San Martino, Napoli

C’è una data che lo storico Luca Savarese, in uno scritto del 1858 ‘Annali delle Bonificazioni che si vanno operando nel Regno delle due Sicilie per cura del Real Governo’, individua come il momento in cui il fiume Sarno non è più navigabile e cioè l’apertura del Canale Bottaro ad opera del Conte di Celane per portare acqua al suo mulino nel 1629: “La navigazione fu del tutto impedita; il livello del pelo delle acque fu artificialmente elevato; la pendenza diminuita a capriccio, ed il fondo interrito. Quindi gli straripamenti ad ogni più leggiera piena, gli stagni, la cattiva aria e lo infrigidimento dè campi circostanti. I quali danni, comuni e generali, non eran neppure scusati dal profitto che i privati usurpatori delle acque del Sarno ricavavano dalle dighe abusive; perché, non essendo quel loro possesso fondato sopra titolo legittimo, e venendo quotidianamente turbato da nuovi e scambievoli fatti abusivi, tutto il profitto andava presso che sisperso in liti, tutte egualmente ingiuste ed interminabili.”

In precedenza fonti storiche confermano che il lontro, imbarcazione a pescaggio basso, permetteva lo spostamento lungo le rive del fiume sin dall’antichità. Sul sorgere della dinastia borbonica nel 1734 il peggioramento ambientale della valle del Sarno, evidenziato da un saldo demografico negativo, era decisamente condizionato dalle ripetute alluvioni; nel 1745 gli affluenti Cavaiola e Solofrana avevano devastato la via Consolare e reciso i collegamenti con Salerno. Quindi nel 1803 la Soprintendenza dei Ponti e Strade produsse un progetto redatto dagli Ingegneri Matteo D’Amato e Nicola Leandro per incanalare in un nuovo alveo i torrenti di Cavaiola, Citola e Solofrana, soluzioni che si rivelarono parziali e inadatte a risolvere il problema delle esondazioni. Inoltre ad aumentare la pericolosità delle acque del Sarno rimanevano gli abusi perpetrati dai Baroni del luogo che continuavano a costruire paratie per i propri mulini ostruendo il decorso delle acque.18

Nel 1847 Antonio Maiuri, su incarico della Direzione Generale di Ponti e Strade, redasse una relazione che, evidenziando i difetti delle precedenti opere di canalizzazione proponeva delle soluzioni alternative, ma le consuete azioni di resistenza legale dei proprietari di mulini bloccarono l’avvio dei lavori. Bisogna attendere l’istituzione dell’Amministrazione Generale delle Bonificazioni nel 1855 per vedere l’avvio dei lavori di rettifica del Basso Sarno. La decisione di incanalare le acque del fiume, fu presa già nel 1854 quando l’architetto Luigi Manzella, direttore dei lavori per la costruzione del Polverificio, pretendeva più forza idraulica per mettere in moto le macchine, e quindi la rettifica del fiume dette l’opportunità di rendere di nuovo navigabile il canale ‘per barche di una certa dimensione onde trasportare a mare la polvere da sparo, eliminando il rischio connesso al transito dei centri abitati’.

A questo complesso è strettamente legata la rettifica del basso corso del Sarno avvenuta nell’ottocento nell’ambito del ‘Piano di bonificazione teso ad eliminare le aree paludose fonti di malaria per i valligiani’ avviati da Ferdinando II di Borbone nel quadro di un ‘Piano generale di bonificazione delle aree acquitrinose e pertanto malsane del Regno delle due Sicilie’ ad opera di Carlo Afan de Rivera, Ingegnere e Direttore Generale del Corpo di Ponti e Strade, Acque, Foreste e Caccia del Regno delle Due Sicilie dal 1824.

Quest’opera di bonifica, avviata nel 1856, fu progettata e diretta da due ingeneri reali: il primo lotto dei lavori relativo allo scavo del tratto tra la foce e la strada che da Torre Annunziata arrivava a Castellamare fu dato all’Ingegnere del Corpo di Ponti e Strade Agostino della Rocca, mentre il secondo lotto dal Ponte Nuovo fino al Polverificio ed il terzo lotto che ricongiunge il canale al Fiume nei pressi dell’isola di mulini a Scafati fu dato ad Annibale Corrado, ingegnere di Acque e Strade del Regno. Così nel 1858, come documentato dal quadro di Giovanni Serritelli custodito al Museo Nazionale di San Martino di Napoli, il canale fu inaugurato alla presenza del Re.

Il progetto originario prevedeva la realizzazione di diverse opere accessorie a completamento dei collegamenti viari, degli attraversamenti del fiume con nuovi ponti, le vere e proprie opere di bonifica delle anse da colmare e di quei sistemi che permettessero la navigazione come le chiuse e le conche di navigazione. L’interesse per quest’opera consiste principalmente nella capacità di infrastrutturale e bonificare il territorio attraverso una rete di elementi dal valore architettonico e paesaggistico.

Tra questi elementi  va segnalata la via Ripuaria che, oltre a servire come strada di alaggio lunga circa 4 Km era disegnata con un sezione che prevedeva un parapetto in pietra verso il fiume e un doppio filare di Pioppi e la via di Schito parallela alla linea di costa e nuovo collegamento tra Torre Annunziata e Castellammare.

La ricognizione di questi eventi ci permette, attraverso il progetto di riqualificazione paesaggistica ed architettonico, di riscoprire questi punti sensibili e recuperandoli in virtù di un programma più generale. Là dove possibile, si intende ripristinare la funzione originaria come nel caso della via Ripuaria o semplicemente rivelare la loro natura di reperti di archeologia industriale come nel caso della Conca di navigazione e del Mulino De Rosa presso il Ponte Nuovo.

Per verificare le condizioni urbane dei luoghi interessati dalla ricerca abbiamo analizzato due Carte Storiche IGM  ‘Torre Annunziata’ del 1876 e  della serie 185 Carta d’Italia ‘Castellamare di Stabia’ del 1908. Nella prima Carta si leggono chiaramente in rosso le operazioni di rettifica del Sarno ad esclusione dell’ex Polverificio Borbonico: il Canale Bottaro ed il Mulino del Bottaro, nel punto d’incrocio con la strada che collegava Torre Annunziata e Castellammare di Stabia sono ancora ben visibili così come il nodo del Ponte Nuovo con la triforcazione del Canale che serve Il Mulino De Rosa, il corso principale e la Vasca di navigazione. Alla foce compare un primo edificio industriale a corte. Nell’aerofotogramma IGM del 1956 le condizioni urbane ancora non sono cambiate: alla foce si amplia l’area industriale verso Torre del Greco mentre si nota l’espansione tra Pompei e Scafati sulla Strada Nazionale.

 

2.4 L’evoluzione storica dell’ex Polverificio Borbonico

Lungo la sponda orientale del Sarno a pochi passi da Pompei nel 1851, per ordine di Ferdinando II di Borbone si scavano le fondamenta del grande edificio che verrà destinato a produrre la migliore polvere da sparo per uso militare in tutto il Regno delle Due Sicilie. I lavori del primo nucleo terminarono nel 1854. L’area sulla quale venne edificato il Polverificio del sarno, comprendeva un’ampia superficie confinante da un lato (verso Pompei con il Canale del Bottaro e dall’altro verso Castellammare dal greto del nuovo Sarno, deviato dalla stazione ferroviaria. Tutta quest’ampia zona comprendeva l’antico corso del fiume proprio in quell’ansa documentata dalla cartografia dell’epoca che individuò non solo le strutture create all’epoca della ‘strada ferrata’, ma anche della vicina provinciale della Strada della Carità.12 La realizzazione di tale impianto militare fu affidata al colonnello Alessandro Nunziante che, per assolvere al suo incarico, scelse come collaboratori due tecnici napoletani: l’architetto Luigi Manzella ed il chimico pirotecnico Filippo del Grandis. Documentazioni storiche del tempo riportano che al momento di redigere il progetto si cercava di realizzarlo in luogo sicuro e lontano dall’abitato ‘il nuovo opificio doveva essere capace di grande produzione, avendosi allora in mira, di far sÌ che il sorgituro stabilimento rendesse vistoso cespite alle finanze dello Stato, con la vendita delle polveri ai privati nell’interno del regno, e commerciandone anche con le minori potenze. Nulla perciò fu risparmiato affinché il nuovo polverificio, che si stabili costruire fra il fiume Sarno e il canale Bottaro, rispondesse a tutte le esigenze del tempo’. 13

Fig. 18 _  Disegno di ricostruzione dell’ex Polverificio Borbonico e recente trasformazione

Fig. 18 _ Disegno di ricostruzione dell’ex Polverificio Borbonico e recente trasformazione

Molte furono le vicissitudini che accompagnarono la costruzione di tale importante complesso architettonico militare, che secondo le intenzioni del re Borbone, doveva essere caratterizzato da elementi e tecniche nuove rispetto al polverificio di Torre Annunziata, ma soprattutto si doveva estendere su una vasta area in cui i vari laboratori sarebbero stati stanziati e spaziati per i vari gradi di lavorazione per evitare soprattutto che in caso di esplosione di un laboratorio il danno fosse propagato anche ad altri. In conseguenza della costruzione della Real Polveriera di Scafati fu rettificato e canalizzato per la navigazione il tratto terminale del Sarno.

Gli oltre quarant’anni di attività della Real Polveriera di Scafati sono stati caratterizzati da molteplici avvenimenti che, spesso gravemente dannosi, ne hanno comportato poi la soppressione e la conversione in Istituto Sperimentale del Tabacco. Per quanto riguarda le evoluzioni planimetriche ed architettoniche che si sono succedute nel tempo vanno dal 1861 fino all’ultima e più difficoltosa acquisizione di terreno avvenuta nel 1876, che determinò l’assetto territoriale definitivo del polverificio chiudendone il quadrilatero verso l’angolo tra il canale Bottaro e via Astolelle.

Fig. 19 _  Tavola di progetto 1851 dell’architetto Luigi Manzella: prima fase e seconda fase dell’ex Polverificio Borbonico

Fig. 19 _ Tavola di progetto 1851 dell’architetto Luigi Manzella: prima fase e seconda fase dell’ex Polverificio Borbonico

Il progetto dei corpi originari è dell’architetto Luigi Manzella e riguardano i lavori dal 1851 al 1861 che possononessere divisi in due fasi lavorative. La tavola di progetto la prima cosa che si può considerare è che il recinto murario esterno è organizzato come un unico fortino murato al cui interno ci sono alcuni oggetti e due testate sul lato est; nell’asse centrale si organizza l’accesso ed un percorso. Si legge, da tale disegno, il disegno, il funzionamento e l’organizzazione degli spazi esterni e degli edifici: sul lato nord gli edifici di dosamento e miscela, di granimento e di lustramento hanno prese d’acqua dirette dal canale Bottaro e scaricano l’acqua in un canale interno detto vasca impermeabile infine tale canale di servizio si immette nell’alveo del Sarno; invece un ramo del Sarno entra sotto l’edificio principale della raffineria delle componenti delle polveri e delle fornaci per riammettersi, anch’esso nel Sarno. Gli spazi esterni sono caratterizzati dalla presenza del canale interno di cui si sono completamente perse le tracce e che diventa un tema di riflessione per le nostre ipotesi progettuali.

I due edifici principali, l’amministrazione e la raffineria, sono come due testate sulla strada d’ingresso tenute insieme da un recinto alto circa 5 metri. Anche questa nuovo asse è disegnato come un’arteria di collegamento alberato che si collega con la strada Consolare. Nel primo progetto ancora non compare il collegamento tra questi due corpi verso l’interno. Invece, nel progetto di ampliamento elaborato dal Servizio del Genio Militare nel 1870, che indichiamo come terza fase, la prima cosa che si osserva è la netta divisione che viene formalizzata collegando, anche verso l’interno, con un edificio basso, i corpi su fronte strada. In questo disegno ora il grande recinto ampliato verso ovest è organizzato come un grande spazio aperto ed una testata composta da un unico grande edificio a corte allungata.

Nel disegno d’inquadramento che accompagna questo progetto d’ampliamento sono inseriti anche due elementi urbani nuovi e cioè in alto la linea ferroviaria Napoli – Salerno ed in basso un rettangolo che indica un ‘mulino privato’ in realtà Mulino Piscicelli altro punto strategico per il progetto di riqualificazione di qeust’area.

Fig. 20 _  Tavola di progetto del 1870 ad opera del Servizio del Genio Militare: terza fase

Fig. 20 _ Tavola di progetto del 1870 ad opera del Servizio del Genio Militare: terza fase

In seguito all’ampliamento definito come lo vediamo oggi il muro di cinta che prima configurava il termine dell’area su cui insisteva il Polverificio diventa di fatto interno allo stabilimento. Nello specifico il muro demolito per la parte inferiore (verso il fiume Sarno) fu lasciato praticamente intatto per la parte a nord, dove, per consentire l’accesso all’area dell’ampliamento post-1870, fu aperto un varco, peraltro ancora esistente. Nonostante le attenzioni con cui si realizzò questo stabilimento accaddero in ogni modo dei gravi incendi; in particolare nel 1863, nel 1885 e nel 1888; in seguito a questi gravi episodi incominciò a circolare la notizia di una imminente soppressione del polverificio stesso.

Pertanto si decise di convertire tale patrimonio statale ad uso di ricezione, sperimentazione e manifattura di tabacchi. Il Regio Istituto Sperimentale per la coltivazione dei Tabacchi di Scafati ed il Monopolio italiano dei tabacchi, subentrante nel 1862 alle analoghe istituzioni operanti negli Stati della penisola prima dell’unità, dopo un lungo periodo di consolidamento, si convinse dell’opportunità di attivare un Istituto di sperimentazione dei tabacchi, per contribuire al miglioramento della produzione nazionale e ridurre il pesante disavanzo commerciale del settore.

Fig. 21 _  Disegno delle fasi di costruzione del complesso Polverificio Borbonico: 1-1851/55; 2-1855/61; 3-1861/70; 4-dopo il 1870

Fig. 21 _ Disegno delle fasi di costruzione del complesso Polverificio Borbonico: 1-1851/55; 2-1855/61; 3-1861/70; 4-dopo il 1870