La Fabbrica della Conoscenza di Pompei: Modello economico-culturale di marketing dei Beni Culturali.

Titolo dell’incarico: Attività di ricerca sui sistemi di telerilevamento e di rappresentazione del territorio finalizzati alla conoscenza archeologica

Contrattista: Davide Mastroianni

Tutor: Prof. Carmine Gambardella

Relazione attività: Agosto 2014

 

L’uomo cerca da sempre nuove tecniche per superare i suoi limiti naturali di osservazione e di percezione visiva; generalmente siamo abituati ad osservare ciò che ci circonda da un punto di vista più o meno orizzontale. In queste condizioni, è ovvio che la nostra capacità visiva è limitata a piccole aree e la presenza di elementi naturali e artificiali ne ostacola la nostra già parziale percezione. Il nostro campo di vista è nettamente ampliato se il punto di osservazione ha origine da un punto più elevato rispetto alla nostra superficie: ad esempio il tetto di un palazzo, la vista obliqua da una terrazza o da un punto panoramico. Da una prospettiva verticale o alta obliqua, la superficie al di sotto ci appare notevolmente differente rispetto a quando la guardiamo dalla superficie stessa. Così facendo si riesce ad osservare l’insieme degli elementi posti sulla superficie come apparirebbero su una mappa tematica nelle loro relazioni spaziali. Il telerilevamento aereo, o Remote Sensing, è l’insieme di metodi e “approcci tecnologici” che mediante l’utilizzo di strumenti avanzati permette all’uomo di abbracciare con un solo sguardo vaste aree di territorio e di rappresentarlo su piccola scala attraverso immagini e mappe estremamente dettagliate; è da considerarsi uno strumento che permette all’uomo di possedere una visione completa e complessiva del territorio che occupa. Tutto ciò è possibile, in particolare, grazie all’uso di (aerei, satelliti, droni), che consentono di riprendere a distanza più o meno ravvicinata il territorio, e di sensori (termico, multispettrale, Lidar) che ne scrutano le caratteristiche e le condizioni.

Il patrimonio culturale rappresenta un elemento fondamentale che consente di conoscere e promuovere un determinato territorio e, contemporaneamente, richiamare interesse, investimenti, stabilità di presenze. Promuovere un territorio significa lavorare sul versante dei valori condivisi, ma anche saper comprendere appieno quali sono le possibili reti per la sua valorizzazione. La cultura è uno degli elementi dell’identità territoriale e il patrimonio culturale rappresenta un bene prezioso che riveste un ruolo di particolare rilievo per la vita dei cittadini e un elemento fortemente competitivo per la promozione del territorio. Partendo dal rapporto tra identità e territorio quale elemento centrale per la crescita del contesto sociale ed economico, è importante considerare la capacità di gestione del patrimonio culturale come un visibile vantaggio competitivo attraverso la promozione dell’occupazione, delle attività produttive, dei siti museali, della tutela del paesaggio. Risulta quindi importante saper “governare” questo processo anche attraverso l’apporto delle nuove tecnologie, in modo tale da attivare flussi di conoscenze, esperienze e nuove relazioni.

Per poter realizzare una strategia intelligente di marketing del territorio è necessario interrogarlo ai fini di una conoscenza globale consapevole che conduca ad una idea di valorizzazione delle risorse. È imprescindibile che l’uomo debba considerare la Città e il territorio come risorse primarie con l’obiettivo di valorizzare e restituirle alla collettività, affinché queste siano fruibili al cittadino. La risorsa territoriale deve divenire, quindi, risorsa economica.

La pubblicazione dell’Atlante di Pompei è stata l’occasione per presentare e divulgare i risultati dell’ampio progetto di ricerca “Pompei, Fabbrica della Conoscenza”, diretto  dal centro di eccellenza Benecon, Beni Culturali Ecologia Economia, incardinato presso la Presidenza della Facoltà di Architettura della Seconda Università degli Studi di Napoli. Il territorio di Pompei non è stato limitato alla sola area archeologica, ma è stato preso in considerazione l’intero comune, quale portatore di risorse grezze da lavorare e valorizzare. Il comune di Pompei infatti costituisce un caso unico per la presenza di un doppio polo di attrazione di flussi turistici: da una parte gli scavi archeologici della città sommersa dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.; dall’altra il Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, ora Basilica Pontificia. Proprio intorno al santuario, a partire dal 1875 sorse la nuova città di Pompei, disegnata da Bartolo Longo. La problematica di Pompei è legata alla ricostruzione di quanto avvenuto nel lunghissimo periodo intercorso tra la fine della città antica e lo sviluppo di quella moderna. Il punto di partenza del progetto di ricerca su Pompei è stata la necessità di analizzare in maniera unitaria due realtà, antica e moderna, che coesistono tra loro in mancanza di una pianificazione organica e sostenibile, e che comporta un enorme flusso turistico (circa 2.500.000 di turisti l’anno visitano gli scavi archeologici, e 4.000.000 di pellegrini l’anno si recano al santuario della Madonna di Pompei) che danneggia il patrimonio e l’identità locale senza apportare ricchezza e benessere alla popolazione. La linea strategica del progetto era di promuovere lo sviluppo eco-sostenibile del territorio attraverso la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e culturali presenti, al fine di creare modelli di “economia territoriale” derivanti dallo sviluppo di attività turistiche, produttive e culturali. Il turismo deve essere una risorsa per il territorio, e viceversa, ma sempre nel rispetto dell’identità locale e culturale.

 

Strategia della Conoscenza

Una prima fase è consistita nella lettura del territorio, rivolta alla comprensione di tutti gli aspetti che ne hanno determinato la forma: fattori naturali ed artificiali e immateriali. Questi sono legati al valore intrinseco della storia e della cultura del territorio stesso. Questo tipo di lettura ha consentito di evidenziare un patrimonio di tracce e segni utili per pianificare la strategia della conoscenza. Questo approccio ha visto la nascita di due principali direzioni di indagine: da un lato la lettura delle fonti storiche e di archivio, dall’altra la lettura delle caratteristiche spaziali, percettive e prospettiche della città antica e di quella ottocentesca. Le due direzioni hanno converso in un’unica linea di conoscenza: la ricostruzione delle vicende del territorio tra l’eruzione del 79 d. C. e l’inizio degli scavi archeologici nel 1748, stabilendo un nesso di continuità nell’antropizzazione del territorio tra la città antica e quella ottocentesca. La conoscenza preliminare del territorio è stata la premessa per una sua ricostruzione. La sperimentazione e l’utilizzo integrato di tecniche e strumentazioni per il rilievo ha permesso di mettere a punto una metodologia collaudata di rilievo digitale integrato multidimensionale e multi scalare. L’obiettivo finale è stata la ricerca della qualità spaziale, urbana e funzionale degli interventi sul territorio, sui tessuti urbani e sui paesaggi antropizzati.

L’attenzione è stata rivolta sia alle tematiche relative alla conservazione e protezione del sito sia alla progettazione di soluzioni per il miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita della popolazione locale.

Tra queste:

  • l’individuazione, il recupero ed il riuso di grandi edifici ora dismessi o impropriamente utilizzati e di vuoti urbani (serre, orti, giardini) al fine di conferire una nuova identità alle periferie della città configurandole come attrattori;
  • l’introduzione di fonti di energie rinnovabili, per innovare in una nuova qualità il rapporto fra ambiente, vita e lavoro;
  • il recupero di quinte stradali, centrali e periferiche, per restituire maggiore organicità ai contesti urbani;
  • il censimento delle serre presenti nel territorio comunale, per una superficie totale di 97 ettari. Questo ha orientato verso ipotesi progettuali che riguardano la creazione di orti urbani e serre d’arte, in parte produttive ed in parte espositive, e la riconversione in serre solari per la produzione di energia attraverso i pannelli fotovoltaici;
  • la zoonizzazione acustica, ovvero la classificazione in aree omogenee di territorio sulla base della destinazione d’uso. Questo approccio ha permesso di definire una serie di interventi di risanamento acustico con diverse strategie di intervento per l’attenuazione del rumore, quali l’impiego di barriere antirumore, barriere vegetali, o asfalti drenanti fonoassorbenti;
  • il censimento della rete stradale con le relative criticità che ha permesso di formulare ipotesi progettuali relative a nuovi percorsi di attraversamento del territorio comunale per ridurre l’inquinamento e gestire meglio la mobilità sia dei residenti che dei visitatori.

 

Tutte queste ipotesi progettuali rientrano in una strategia che nasce dal territorio stesso; in tal senso il progetto “Pompei Fabbrica della Conoscenza” mira a  configurare Pompei come una smart city, città intelligente. Il sistema informativo già realizzato in forma aperta ed implementabile, unito alla realizzazione degli obiettivi progettuali emersi dalle analisi, potrebbe costituire la base per la gestione tecnologica intelligente e partecipata del territorio di Pompei. I dati acquisiti attraverso il rilevamento aereo dell’area archeologica e la possibilità di un monitoraggio costante e non invasivo delle condizioni potrebbero diventare la base per la programmazione delle strategie per la conservazione e la fruizione sostenibile.

 

L’obiettivo ambizioso di questo progetto è stato la definizione di protocolli operativi per l’analisi e la conoscenza e successivamente la progettazione e gestione sostenibile del territorio, che possano essere utilizzati come modelli esportabili ad altri contesti.

 

Butrinto come Pompei

Butrinto (in albanese Butrint o Butrinti) è una città e un sito archeologico, vicino al confine con la Grecia. Nell’antichità era conosciuta come Bouthroton in greco antico e come Buthrotum in latino. Abitata fin dai tempi della preistoria, Butrinto è stata nei secoli una città epirota, una colonia romana e un vescovato. Dopo la caduta del regime comunista nel 1992 il nuovo governo democratico progettò di sviluppare turisticamente il sito di Butrinto, e lo stesso anno esso divenne parte dell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Nel 1997, a causa di una grande crisi politica e finanziaria, l’UNESCO inserì Butrinto nella lista dei siti in pericolo, a causa di furti di reperti, mancanza di protezione e problemi manageriali ed economici. Nel 2000 il governo albanese istituì il Parco Nazionale di Butrinto, e grazie all’aiuto del governo albanese e di enti internazionali, il sito fu cancellato dalla lista dei Patrimoni dell’umanità in pericolo nel 2005, anno in cui anche il Parco Nazionale entrò a far parte dell’elenco dei Patrimoni dell’umanità. L’importanza culturale del paesaggio e del contesto archeologico è stata in seguito riconosciuta allargando la designazione UNESCO sino a includervi un’area complessiva di 2900 ettari.

 

Butrinto è un microcosmo di storia mediterranea che ben rappresenta l’ascesa e la caduta dei grandi imperi che dominarono la regione. Oggi è un coacervo di monumenti che riflettono un periodo di più di due millenni, dai templi ellenistici del IV sec. a.C. ai sistemi difensivi ottomani del primo Ottocento. Secondo la mitologia classica, l’antica Buthrotum fu fondata dagli esuli fuggiti dalla caduta di Troia. Una volta arrivati Elleno, figlio di Priamo, sacrificò un bue, che ferito si trascinò sulla risacca e morì sulla spiaggia. Considerandolo di buon auspicio, il luogo fu chiamato Buthrotum, cioè “bue ferito”. Il poema epico di Virgilio, l’Eneide, racconta di Enea in viaggio per l’Italia che fa visita a Butrinto. Butrinto deve la sua crescita e fama precoce a un santuario dedicato ad Esculapio, dio della medicina, fondato nel IV sec. a.C. Il santuario era ubicato sul pendio meridionale dell’altura acropolare. I fedeli visitavano il santuario per venir curati da malattie e donavano oggetti simbolici e denaro al dio e ai sacerdoti. Il santuario portò alla creazione di Butrinto e la forza sacra dell’acqua locale venne venerata per tutta la durata della città. Le ninfe, a cui diversi monumenti erano dedicati, erano dee naturali particolarmente legate all’acqua, per cui la loro adorazione era molto popolare nella zona. Una grotta con diverse figurine votive che lo testimoniano è stata scoperta vicino a Konispoli, a sud di Butrinto. Nel IV sec. a.C. Buthrotum era divenuta importante e così intorno al 380 a.C. l’insediamento fu fortificato con nuove e lunghe mura con cinque porte, a cintare un’area complessiva di 4 ettari. Nel 228 a.C. la città divenne di dominio romano e nel I sec. d.C. parte della provincia romana di Macedonia. Giulio Cesare vi fondò una colonia e vi insediò i veterani intorno al 45 a.C., mentre Augusto raddoppiò l’area cittadina e il numero di neoinsediati romani. Le nuove strutture costruite inclusero un acquedotto, delle terme, svariate case, il Foro e un ninfeo. Nel III sec. d.C. un terremoto distrusse gran parte della città, che da lì in poi cominciò un lungo declino. Agli inizi del VI sec., Buthrotum divenne sede vescovile e si costruirono un grande battistero (una delle strutture paleocristiane maggiori di questo genere) e una basilica. La città fu governata da Bisanzio fino al XII sec., dopodiché passò di mano molte volte, dato che era posizionata su un punto strategico dell’Adriatico, la rotta ionica marinara. Fu particolarmente contesa tra Venezia (fino al 1796) e l’Impero Ottomano fino all’indipendenza dell’Albania nel 1912.

 

Il parco naturale di Butrinto

Il Parco è importantissimo per la conservazione della biodiversità mondiale poiché comprende 14 specie animali e 16 vegetali in pericolo di estinzione. La zona umida è modellata da una laguna tettonica di 1600 ettari nota come Lago di Butrinto, circondata da monti boscosi, montagne, acqua dolce e paludi salmastre e collegata allo stretto di Corfù dal Canale di Vivari. Il “Lago” è profondo in media 14 m (per un massimo di 22 m), mentre il canale naturale di Vivari raggiunge la larghezza di 100 m. I resti archeologici di Butrinto fanno parte del terreno boscoso naturale con un ecosistema complesso, dipendente dai vicini Lago di Butrinto e Canale di Vivari, quest’ultimo drenante il primo dentro il Mar Ionio. Questa combinazione di monumenti storici e ambiente naturale fa di Butrinto un luogo unico e un paesaggio con monumenti amato dai giovani viaggiatori dei Grand Tour dei secoli XVIII e XIX. L’area di Butrinto custodisce 16 specie di flora a rischio come Agrimonia eupatoria, Capparis spinosa e Laurus nobilis, e 12 varietà rare come Alkano corcyrensis SE e Limonium anfracium oltre a 4 specie ancora poco note come la Scabiosa epirota. Il parco protegge anche specie in via di estinzione (due a rischio critico, due a rischio e dieci vulnerabili) come Rhinolophus e Myotis. Butrinto ospita 17% delle specie animali albanesi; il parco è notevole soprattutto per la presenza di anfibi, rettili, uccelli e mammiferi (incluso il lupo) ed è l’unico sito albanese a ospitare la rana epirotica, la testuggine, il boa delle sabbie e la lucertola dei Balcani. La baia di Butrinto e le paludi di Vrine sono importanti siti di nutrizione ed appollaiamento per gli uccelli. In inverno, stormi di uccelli trampolieri utilizzano le acque basse, inclusi il chiurlo europeo, la pettegola, la pavoncella e il piovanello pancianera. Nel 2003 l’area fu nominata Zona umida Ramsar di Importanza Internazionale.

Inseriti nella lista del Patrimonio Unesco sono anche i centri storici di Berat e Gjirokastra, quest’ultimo noto per la città di Lazarat, famosa per la massiccia produzione di Cannabis. Quattro sono invece i siti candidati a diventare Patrimonio Unesco: le tombe di Basse Selca, l’anfiteatro di Durazzo, la regione di Ohrid e la città di Apollonia.

Butrinto, come anche gran parte dell’Albania, è la cellula staminale di processo di maggiore consapevolezza economica e culturale; è una base dove poter lavorare e applicare la progettualità della “Fabbrica della Conoscenza” di Pompei, che potrebbe, quindi, valorizzare un territorio conosciuto da pochi e ignorato da molti. La città di Butrinto, quindi, potrebbe rappresentare un modello di come le comunità locali, in paesi in via di sviluppo, possano essere responsabilizzate attraverso l’utilizzo sostenibile del patrimonio culturale.