Forme urbane ed architetture nel paesaggio idrografico della valle del Sarno

Una posizione teorica sul paesaggio

Questo saggio si propone di studiare il sistema fluviale del Sarno come una grande opera d’architettura idraulica ed elemento naturale generatore delle forme urbane che si sono insediate nel tempo in questi luoghi. Il paesaggio e la struttura insediativa della valle del Sarno sono da sempre condizionati dal rapporto strettamente dipendente con il fiume; da questa simbiosi, tra struttura del territorio e costruzione dei manufatti, deriva la nascita e lo sviluppo dei centri urbani e la tipologa delle architetture più significativi di questa valle.

Il paesaggio è concepito come una componente indispensabile dell’architettura. E’ pur vero che tutte le discipline che hanno studiato la di città e il territorio hanno esasperato l’uso di questo termine in modo indiscriminato e generico. In architettura questa ipertrofia può essere arginata seguendo un taglio costruttivo. Non ci interessa parlare di paesaggismo o di quelle forme di abbellimento, di arredo arboreo, di elementi effimeri, molto di moda in questi anni, ma di ciò che permette al paesaggio esterno ed interno alle città di essere un impianto di sistema infrastrutturale. C’è un’attitudine tutta italiana nel rapportare l’architettura al paesaggio, che si lega alla trasformazione dell’idea stessa di paesaggio. Ci sono alcuni temi in cui la modificazione alla scala paesaggistica investe specifiche problematiche di tipo architettonico. Questo avviene quando lo stesso paesaggio, che fa da sfondo o da scena, entra in gioco nelle architetture, quando quel paesaggio risolve quello specifico problema divenendo materiale del progetto architettonico.

I muri a secco che delimitano le proprietà nelle campagne del sud, i terrazzamenti della costiera sorrentina con i suoi prevoli, i basamenti, le pavimentazioni, gli argini lapidei dei fiumi nelle città storiche, i viali alberati ed i percorsi campestri extraurbani, ecc..sono quelle infrastrutture che, interagendo direttamente con l’architettura, costruisco e caratterizzano il paesaggio.

In un saggio sul rapporto tra natura e città dal titolo ‘I quattro elementi dell’architettura del territorio’  anche Carlos Martì Aris pone la questione della progressiva conurbazione delle campagne intorno alle città come fondativa per una nuova teoria sul tipo di espansione delle nuove parti di città. Egli dice: ‘la trasformazione del nostro intorno fisico si determina con una rapidità e una intensità sempre maggiori e, allo stesso tempo, accelerano vertiginosamente i fenomeni di occupazione e consumo del territorio. Le strutture metropolitane crescono e si espandono mentre la natura si allontana da noi fino a diventare inaccessibile. Si compie così, come un destino inesorabile, il progressivo avanzare verso una completa artificializzazione del territorio.’ 1

Il paesaggio idrografico della valle del Sarno si è modificato nel tempo attraverso successive trasformazioni del suo corso e delle architetture di tipo infrastrutturali. I mulini, le vasche di recapito, i fossi, i controfossi, le dighe erano un sistema articolato e complesso costruito per sfruttare la forza idraulica; ma anche le traverse, i ponti, la rettifica delle sponde, le strade ripuarie, i filari d’alberi proponevano un uso sia infrastrutturale che di pubblico piacere. Il sistema cresciuto intorno al fiume Sarno, come le grandi architetture alla scala del paesaggio, si è sempre basato sul rapporto tra unico elemento naturale alla scala territoriale ed plurimi elementi architettonici alla scala urbana. Attraverso i principi insediativi agiamo sulla stessa struttura del paesaggio. Le diverse scale del progetto di paesaggio producono reazioni a catena come nel rapporto che si instaura tra le masserie, i confini ed i campi arati in Puglia o tra gli approdi e gli edifici delle tonnare con la linea di costa in Sicilia ed, in genere, tra un sistema infrastrutturale a grande scala ed i suoi nodi di raccordo. Lo studio di questo sistema vuole ripercorrere una modalità di riscoperta delle potenzialità di questi luoghi ed un metodo di lavoro da applicare in un possibile progetto di riqualificazione del fiume Sarno, partendo dalla possibilità di riconnettere il fiume alla città metropolitana che in questi anni si è costruita negando la presenza degli elementi naturali facendo in modo che la natura idrografica dei luoghi entri in contatto con i luoghi urbani essi siano residenze o spazi pubblici. Così il corso del fiume diviene il luogo in cui l’architettura si riappropria della natura definendo un preciso carattere idrico, un paesaggio costruito sull’acqua.

Struttura idrografica ed archeologia: in rosso Pompei, Moreggine (porto romano) e Nucera con le vie di collegamento; in azzurro il tracciato sinuoso del paleo fiume; in nero il tracciato attuale di canali e rii

Struttura idrografica ed archeologia: in rosso Pompei, Moreggine (porto romano) e Nucera con le vie di collegamento; in azzurro il tracciato sinuoso del paleo fiume; in nero il tracciato attuale di canali e rii

Allora, come dice Carlo Alessandro Manzo, in un sistema aperto e discontinuo, policentrico e disarticolato come quello della valle del Sarno acquista importanza il sistema degli spazi liberi e degli elementi naturali che partecipano al disegno dei nuovi insediamenti con un ruolo non accessorio, ma strutturante del progetto. ’Paesaggi costruiti e paesaggi della natura, sagome edificate e spazi vuoti sono visti come antinomie dello stesso problema compositivo, efficacemente sintetizzato nella fortunata espressione del rapporto tra figura e fondo.’ 2

 

La forma urbana

L’idea di città storica, compatta e monocentrica, fatta di parti definite è ormai superata. Gli agglomerati urbani si sono fusi con il territorio sia per il loro riversarsi verso le campagne, sia per la rinaturalizzazione di parti interne. Questa nuova identità, che io chiamo la ‘città paesaggio’, è una città che si è ramificata sul territorio fondendosi completamente con il paesaggio, è caratterizzata da parti discontinue ed aperte, inoltre, non ha più figure geometriche che possano descriverla ma elementi di varia scala che s’intrecciano tra di essi: quartieri, cunei verdi, infrastrutture, aree residenziali, borghi storici tenuti insieme dalle trame agricole, nel nostro caso dalla centuria, dal sistema orografico e dagli assi storici. ‘La trasformazione del nostro intorno fisico si determina con una rapidità e una intensità sempre maggiori e, allo stesso tempo, accelerano vertiginosamente i fenomeni di occupazione e consumo del territorio. Le strutture metropolitane crescono e si epandono mentre la natura si allontana da noi fino a diventare inaccessibile. Si compie così, come un destino inesorabile, il progressivo avanzare verso una completa artificializzazione del territorio.3

Così come nella maggior parte delle periferie delle città italiane anche la forma urbana della Valle del Sarno si è dileguata in una conurbazione diffusa tra capannoni industriali, edilizia residenziale, campagna ed infrastrutture nell’impossibilità di definirne i limiti della città contemporanea.  In realtà, la valle, fino all’inizio del dopoguerra, era conformata da un sistema di poli urbani che ruotavano intorno al fiume Sarno collegate da due strade storiche la ‘Consolare’ e la ‘Poupilia’. La veloce ed incontrollata espansione urbana dal dopoguerra ad oggi ha provocato la quasi totale saldatura dei centri urbani attraverso la minuta e filamentosa rete stradale di collegamento.

Quest’ampia parte di territorio campano tra il Vesuvio, i Monti Lattari, i Monti di Sarno e la costa è attraversato dal fiume Sarno che trancia la valle in due sottosistemi, l’uno gravitante sulla provincia di Napoli, l’altro su quella di Salerno. Nonostante questa divisione amministrativa, l’agro nocerino/sarnese ha caratteri paesaggistici, architettonici ed urbani univoci sia per la presenza della fitta rete idrografica, che non ha confronto con altri luoghi,  sia per la forte relazione con le colture come risorsa produttiva primaria. Tale sistema cambia con il variare della permeabilità dei terreni e gli orti e le floricolture in vicinanza del fiume cedono il posto dapprima al seminativo arborato e successivamente, sulle pendici dei monti, al frutteto e al vigneto. Anche le architetture e le residenze rurali subiscono questo passaggio nel rapporto che stabiliscono con il suolo in funzione della profondità della falda freatica. Così in vicinanza del fiume le case agricole storiche non hanno interrati e hanno due piani fuori terra, sulle pendici dei monti le case hanno alti scantinati scavati negli strati di limo grigio ed un piano fuori terra. La complessa rete di infrastrutture a scala locale e sovra regionale attraversa tale territorio sovrapponendosi in modo indiscriminato alle presenze urbane, ai tracciati e alle emergenze naturali. Fra tutte l’autostrada Napoli – Reggio Calabria che si unisce con la Caserta – Salerno all’altezza di Nola e la Ferrovia dello Stato che costeggia l’antica strada Consolare accentuano la divisione in fasce separate parallele all’andamento del fiume.  Lo storico sistema territoriale fatto di poli, che si erano costruiti su emergenze orografiche bilanciati dall’asta fluviale, è oramai praticamente irriconoscibile. Le propaggini più esterne dei piccoli centri urbani sono esplose in un sistema pulviscolare di piccole residenze e capannoni ed il sistema di strade di collegamento si condensa di volumi edilizi come una rete filamentosa che urbanizza la campagna. La fascia costiera tra Torre Annunziata e Castellammare è un’unica grande area industriale in fase di dismissione.  Pompei e Scafati si sono saldate sulla vecchia strada consolare che tiene collegate anche Angri, Pagani e Nocera in un unico sistema lineare. Le distanze tra i poli diventano più nette verso nord tra Poggiomarino e Sarno dove possiamo ancora individuare i nuclei distinti ed isolati di San Marzano, San Valentino e Striano e, infine, sulle pendici dei monti Lattari si rileva il sistema pedemontano formato dai comuni di Santa Maria La Carità, Sant’Antonio Abate e Corbara.

 

Struttura idrografica e architetture

Le vicende topografiche ed urbane di questa valle sono indissolubilmente legate alla forma, all’andamento e al disegno che nei secoli l’imponente infrastruttura idrica del Sarno ha assunto al di là della volontà dell’uomo di governarlo. La piana è marcata dal corso del fiume e da una connessa intricata rete idrografica minore di canali, fossi e rii, la quale ha da sempre rappresentato, sin dal periodo protostorico e fino ai tempi attuali, un fattore di criticità ambientale da governare e da regolamentare. Per tale ragione dal 1998 questo territorio, che si estende su un’area che occupa una superficie complessiva di circa 715 kmq, con una popolazione di 1.300.635 abitanti (ISTAT 2000), si è istituita l’Autorità di Bacino del Sarno e nel 2003 la Regione Campania riconosce istituzionalmente il Parco Regionale del Bacino Idrografico del Fiume Sarno ente che ha come obiettivo principale quello di attuare una politica di sviluppo e salvaguardia del territorio attraverso la valorizzazione ambientale del percorso fluviale e del patrimonio storico, culturale, archeologico del territorio per migliorare il livello occupazionale dell’area. Il corso principale del fiume è lungo circa 24 km e nasce da  tre sorgenti alla base del gruppo montuoso del Pizzo d’Alvano (Palazzo, Marino e Foce) per sfociare tra i due poli industriali di Castellamare di Stabia e Torre Annunziata di fronte allo scoglio di Rovigliano. Il fiume Sarno, dall’antichità fino all’inizio del novecento, è stato navigabile. Attraverso il ‘lontro’, tipica imbarcazione a ‘pescaggio piatto’, si poteva solcare l’acqua del sistema di collegamento più importante di questo territorio.

Il Sarno, chiamato nel medioevo Dragone per lo svolgersi sinuoso del suo corso, oggi è quasi del tutto artificiale per le opere di bonifica che ne hanno rettificato il suo andamento naturale succedutesi nel tempo. In origine sappiamo che il villaggio paleolitico di Longola, vicino Poggiomarino, era costruito da capanne lignee su palafitte per sopraelevarsi rispetto alle acque del fiume e alla formazione di aeree paludose. Nel periodo romano le fortune di Pompei si costruirono anche per la sua posizione strategica  rispetto al fiume ed alla sua navigabilità con il porto nell’area di Moreggine divenendo un grande emporio del retroterra nocerino, nolano e acerrano costituendo l’elemento su cui era incentrata l’economia anche per la presenza di un Porto Fluviale a Pompei in località Moreggine4 (De Spagnolis 2001). La rappresentazione più antica del fiume compare nella Tabula Peutigeriana risalente all’incirca tra il XII e XIII secolo dove si illustra il suo percorso tortuoso che costeggia Pompei e sfocia in mare vicino Castellammare5. Ma per analizzare l’assetto territoriale poco prima degli stravolgimenti

ottocenteschi si possono studiare un disegno del 1789  intitolata ‘Pianta Topografica per dimostrare tutte le acque che compongono il fiume Sarno’ (fig.3) ed un documento notarile con piantina del 1828  dal titolo ‘Cenno sull’origine delle acque del Sarno’ (fig. 4). In entrambi le cartografie possiamo rilevare informazioni sulla disposizione dei centri abitati il percorso del fiume, le strade di collegamento, il tipo e le aree coltivate, alcuni punti significativi come ponti, mulini, canali. In particolar modo nella sconda carta sono evidenziati l’unico centro urbano, con il suo impianto, la chiesa madre ed il ponte che è Scafati; ed il sistema dei mulini che in questo periodo raggiunge il suo massimo apice. Il fiume, oggi, scorre tra sponde naturali fino all’altezza di S. Marzano dove si immette un affluente che convoglia, all’altezza di Nocera, i torrenti Solofrana e Cavaiola e, da questo punto in poi, il sistema è artificiale grazie alle numerose opere idrauliche di canali di bonifica, alcuni costruiti già nel secolo scorso allo scopo di assicurare le condizioni per la coltivazione della fertile piana. Il complesso sistema idrografico del fiume e dei suoi affluenti disegna sul territorio un fitto reticolo di vie d’acqua, in gran parte frutto dell’intervento umano.

Come si vede anche dalla tavola storica del 1828 tra i comuni della valle solo Scafati ha fondato le sue radici storiche sulle acque fluviali sviluppando un rapporto diretto con esso. Il ponte, il sistema di chiuse e d’incanalamento del fiume intorno al ponte e al Palazzo Meyer, il profilo della Cattedrale, i giardini della villa Comunale, l’isola dei mulini formano un nucleo urbano unitario che caratterizza il cuore della città. E’ il punto più significativo dell’attraversamento del fiume Sarno nella piana. Qui ancora si percepisce il rapporto diretto che la città godeva con l’acqua attraverso le paratie ed i sistemi meccanici che venivano azionati per il troppo pieno, il disegno pregiato del bordo dei canali con i muri di pietra lavica, i resti dei vecchi mulini parte integrante del disegno dei muri di contenimento, le case costruite sul bordo del fiume. Nel medioevo, proprio in questo nucleo urbano, vengono costruiti alcune Architetture Religiose significative per i nostri studi perchè poste in stretto rapporto con il fiume: la chiesa ed il chiostro dell’Abbazia Cistercense di Realvalle, fu costruita da Carlo I D’Angiò per celebrare la vittoria nella battaglia di Benevento nel 1270 nel borgo di San Pietro a nord di Scafati, mentre la chiesa di Santa Maria delle Vergini, sorta nel 1524 proprio vicino al ‘Pons Sarni’, viene dallo storico Gaetano Pesce una ‘chiesa sul fiume’. Quest’ultimo sistema urbano viene reappresentato in una ‘guaches’ del 1686 ed in un dipinto di Jacob Philipp Hackert della fine del ‘700 con, in entrambi i casi, il rapporto che si stabilisce tra il ponte romano, la Cattedrale di Scafati ed il fiume. Una ricca iconografia dell’ottocento, invece, ritrae alcuni aspetti urbani dei paesaggi fluviali del Sarno. In questo periodo la baronessa Nathaniel De Rothschild con Léon Gaucherel (fig. 7) dipinge vedute delle case di Scafati per il Salone di Parigi dove si può notare come le residenze vivano in stretto rapporto con il fiume. Le case, di cui sono superstiti ancora pochi frammenti nel centro di Scafati, sono costruite su archi rampanti per sospendere il piano di calpestio dal livello del fiume in altri casi gli accessi sono direttamente collegati al fiume che era usato per spostamenti rapidi con l’uso del ‘lontro’. In un disegno anonimo della prima metà del ‘900 (fig. 8) viene disegnato un suggestivo scorcio di una casa, in una località non bene definita, tra due ponti. E’ disposta su due livelli come le case rurali e probabilmente il piano basso, a stretto contatto con uno spazio tra la casa ed il fiume, viene utilizzato come deposito ed il piano alto come residenza. Lo spazio ibrido che si viene a creare tra la casa ed il fiume sembra la trasposizione di una corte rurale sul fiume, una corte fluviale, usata probabilmente come approdo e luogo di lavoro.

La conformazione orografica della Piana, che dolcemente degrada verso il mare con una pendenza media dello 0,1%, ha disegnato un andamento del fiume lento, sinuoso e invasivo. Questa sezione che dal monte arriva a mare con dislivelli minimi è stata la causa di  frequenti esondazioni provocate nei secoli anche dalle palizzate che deviavano il corso del fiume poste dalle famiglie baronali per procurare energia motrice ai mulini. Il sistema delle acque, quale “dominante” ambientale, ha favorito Io sviluppo di attività produttive, quali i mulini ad acqua situati lungo il fiume, le filande ottocentesche, Ie cartiere, i cotonifici e l’industria tessile. L’insediarsi e Ia diffusione delle diverse produzioni, in relazione all’ampia disponibilità della risorsa idrica ed alla particolare morfologia del territorio, si affianca ai numerosi interventi idraulici Iungo i corsi d’acqua che modificano il regime degli alvei ed aprono numerosi contenziosi intorno ai mulini ed ai canali a partire dal 1600. I Mulini di Scafati (Abenante, Piscitelli, De Sio), i Mulini sul Bottaro a Moreggine (fig.6) e a Ponte della Persica (fig. 7), fino all’ottocento, furono il motore del sistema economico della valle. Gestiti dai signorotti dei poderi permettevano la produzione di grano, orzo e granoturco come vere e proprie strutture industriali che utilizzavano la forza idraulica del fiume disponendosi sulle sue sponde.

 

L’ampia area a ridosso del centro cittadino di Scafati presso il vecchio ponte e nelle vicinanze dello scalo ferroviario venne utilizzato nel primo Ottocento per la creazione di un notevole opificio per la filatura, tra i principali della zona. Distrutti i padiglioni della fabbrica, del complesso resta la residenza di Giovanni Giacomo Meyer, il fondatore dell’industria, sorta sulla sponda del fiume presso il ponte e accanto al sito della vecchia torre di Scafati e che oggi ospita il Municipio ed il giardino è dal 1933 Villa comunale. L’assetto idrografico del Bacino si interconnette, inoltre, alle questioni legate alla navigabilità del fiume, agli interventi legati all’utilizzo delle acque del Sarno e alle opere di canalizzazione e di bonifica borbonica. Infatti agli inizi dell’ottocento Ferdinando II di Borbone decise di costruire nei pressi di Scafati un nuovo polverificio in sostituzione e di maggiori dimensioni rispetto a quello esistente a Torre Annunziata. Il grande recinto della Real Polveriera6 diviene un intervento strategico e di fondamentale importanza per il ridisegno e la riconfigurazione del canale Bottaro e del corso principale del fiume. La rettifica e la canalizzato per la navigazione alterano definitivamente il suo sviluppo originario da Scafati al mare. Nell’ottocento il fiume diviene motore propulsore ed infrastruttura per le nascenti industrie delle filande tra Sarno e Scafati. In questo periodo nasce anche il Polverificio Borbonico tra il canale Bottaro ed il Sarno per sfruttare la forza motrice e per salvaguardare il circondato da possibili esplosioni incendiarie. Di recente meno diretto e costruttivo con l’uso per fini industriali e la rete di canali irrigui che ne hanno stravolto il suo naturale percorso.

La “lettura” del territorio di bacino svolta attraverso riferimenti all’assetto originario dell’area ha voluto evidenziare le profonde trasformazioni avvenute in questo particolare ambito fluviale. Una prima considerazione che emerge riguarda il rapporto ”fiume/territorio” e in particolare il ruolo e l’influenza del fiume sull’evoluzione dell’area (sulla storia, l’economia e la comunità locale). Una seconda considerazione attiene il rapporto tra i caratteri “identitari”, originari deIl’area, e i processi di trasformazione territoriale avvenuti nel corso degli anni; infine, una terza è riferita al rapporto tra uso delle risorse ed alterazione degli equilibri ecologici. In questo contesto il rapporto “fiume/territorio” ha fortemente connotato l’ambito.