Relazione attività di ricerca

Contrattista: Flavia Leone

Tutor: Prof. Maria Rita Pinto

 

Beneficiario: BENECON scarl

POR CAMPANIA FSE 2007/2013 A VALERE SULLE RISORSE DEGLI O.O. 2.1 E 2.2

TITOLO DELL’OPERAZIONE: ECOTURISMO URBANO PER LA FRUIZIONE DEI BENI CULTURALI IN CAMPANIA

 

TITOLO DELL’INCARICO 9)

Attività di elaborazione dati finalizzati al riuso del Patrimonio costruito da valorizzare e alla redazione di piani di manutenzione certificati.

 

Tutor: Prof. Arch. Maria Rita Pinto

Contrattista: Arch. Flavia Leone

 

Premessa

L’obiettivo dell’attività di ricerca è quello di definire metodi e strumenti di supporto decisionale e operativo alla programmazione delle attività manutentive dei Beni Culturali diffusi nel territorio campano. Gli interventi di manutenzione, a diversa intensità e frequenza, sono diretti a tenere sotto controllo le azioni degli agenti di degrado allo scopo di prolungare il ciclo di vita del bene, garantirne la conservazione entro logiche di sostenibilità e favorirne la fruizione.
Modalita’ di svolgimento della ricerca
L’attività di ricerca svolta è stata finalizzata alla redazione dello Stato dell’Arte relativo alle tematiche oggetto del presente Programma di Ricerca, all’individuazione delle criticità riguardanti la programmazione degli interventi manutentivi, alla selezione dei Casi Studio nell’ambito del Patrimonio archeologico Campano, alla redazione di Schede Tecniche “dedicate” per il Piano di Manutenzione.

In particolare il lavoro si è articolato nelle fasi di seguito riportate:

1) Definizione del campo di applicazione.

2) Analisi del quadro normativo per la manutenzione dei Beni Culturali.

3) Individuazione delle criticità del quadro normativo relativo alla programmazione degli interventi manutentivi.

4) Analisi dei processi di manutenzione: scenario di riferimento, strumenti di controllo tecnico, piani di manutenzione certificati.

5) Individuazione dei Casi Studio e delle criticità in atto: Sito Archeologico di Pompei.

6) Descrizione del ruolo del Piano di Manutenzione nel Processo di recupero del Patrimonio Archeologico e delle fasi nelle quali interviene il Piano di Manutenzione.

7) Definizione della rilevanza dei processi di conoscenza nella strutturazione del Piano di Manutenzione per i beni archeologici.

8)  Identificazione della documentazione tecnica relativa al Manuale di Manutenzione fornita

dalla Norma UNI 10874:2000.

9) Osservazione delle problematiche inerenti la strutturazione della documentazione tecnica relativa al Piano di Manutenzione e valutazione delle varianti da introdurre nel caso specifico del Patrimonio Archeologico.

10) Elaborazione della documentazione Tecnica del Piano di Manutenzione del Bene archeologico (Area Anagrafica)

a. Scheda Identificativa bene archeologico;

b. Piano di Scomposizione e Classificazione del Sistema Tecnologico;

c. Scheda di Elemento Tecnico del Bene Archeologico;

Di seguito si riporta una descrizione delle attività svolte e dei risultati raggiunti, per ciascuna delle fasi precedentemente elencate.

 

Descrizione dell’attività di ricerca e dei risultati raggiunti
1. Definizione del campo di applicazione

In questa fase è stata svolta un’indagine conoscitiva riguardante le tematiche inerenti la manutenzione del Patrimonio Culturale allo scopo di rilevare le problematicità concernenti gli interventi manutentivi, prevalentemente legate ad una prassi della manutenzione intesa come attività riparatoria piuttosto che come attività programmatoria. E’ stato, inoltre, circoscritto il campo di applicazione della ricerca alla vulnerabilità del Patrimonio Archeologico Campano, al fine di garantirne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica.

Il Patrimonio in oggetto risulta, infatti, interessato da fenomeni di degrado diffuso dovuti ai carenti interventi di tipo manutentivo, che non sono stati in grado di contrastarne le progressive azioni determinate dall’aggressività ambientale e dalla crescente pressione antropica.

La particolare complessità e rilevanza del Patrimonio Archeologico Campano pone in evidenza come le questioni legate alla Tutela, alla Conservazione e alla Valorizzazione dei Beni Culturali, non possono essere disgiunte da quelle connesse alla “piena fruizione” dello stesso. È in questa logica che si ritiene necessario prendere in esame anche le opere funzionali all’utilizzo e all’accessibilità del suddetto Patrimonio.

Lo studio ha rilevato come negli ultimi anni, il tema della manutenzione appare uscito dall’ambito puramente tecnico-operativo per assumere valenze di carattere programmatorio, strategico e organizzativo. Le motivazioni che impongono di favorire processi finalizzati alla previsione e prevenzione del deterioramento dei Beni Culturali con attività programmate di tipo ispettivo e manutentivo, piuttosto che interventi di urgenza a guasto avvenuto, sono largamente condivise dalla comunità scientifica, ma non sempre hanno trovato apporti di tipo attuativo in grado di rispondere a pieno alla pluralità e alla complessità dei Beni diffusi sul territorio.

In particolare, le pratiche relative alla strutturazione di Piani di Manutenzione solo da qualche decennio hanno trovato determinati impulsi, prevalentemente dovuti a dettati normativi che hanno introdotto l’obbligatorietà delle pianificazione delle attività manutentive, anche nell’ambito dei Beni Culturali. Le componenti innovative che sono emerse riguardano il superamento delle tradizionali categorie della manutenzione ordinaria e straordinaria e della concezione della prassi manutentiva intesa come sommatoria di interventi isolati, puntuali e circoscritti nel tempo, a favore di un’idea di manutenzione quale processo costante e continuativo nel tempo, che rappresenta la garanzia di conservazione del Patrimonio Culturale.

È stato constatato, inoltre, che se da un lato la manutenzione sta assumendo i connotati di un servizio offerto per prolungare il “tempo di vita” del Bene, al fine di garantirne sia la fruizione che la trasmissione alle generazioni future, dall’altro, i principi posti alla base della normativa cogente sui Lavori Pubblici, sono indirizzati principalmente agli interventi di nuova realizzazione e, pertanto, è necessario fornire adeguate indicazioni sulla pianificazione delle attività, in conformità ai  riferimento presenti nel codice dei BBCC.

Le attività svolte hanno consentito di individuare nella programmazione della manutenzione due rilevanti principi: il primo è l’applicazione di una strategia di gradualità di attuazione, ossia l’articolazione delle strategie manutentive in base alle capacità conoscitive sviluppate nel tempo con la costituzione dell’apparato informativo di supporto al Piano di manutenzione, il secondo è l’utilizzo di una logica di razionalizzazione nella esecuzione degli interventi e nella raccolta e gestione delle informazioni di ritorno dagli interventi, con l’obiettivo di approfondire il quadro diagnostico del Patrimonio Culturale attraverso la conoscenza ex-post.

Il Patrimonio Culturale presenta, infatti, un linguaggio strutturato, un sistema di segni e di significati, risultato del processo che lo ha configurato lungo il suo ciclo di vita, pertanto, pone la necessità di rispettarne le condizioni vincolo costituite dalla configurazione, garantirne l’autenticità e massimizzarne la permanenza materica, operando attraverso attività programmatorie e azioni preventive. La riduzione dei livelli di vulnerabilità del Bene da tutelare e valorizzare richiede di verificare la compatibilità delle soluzioni da adottare con il sistema di vincoli riferito dallo stesso.

In risposta a tali considerazioni, l’obiettivo dell’incarico di ricerca è quello di reperire i dati necessari ai Piani di Manutenzione “dedicati”,  sistematizzarli e testarli sui Casi Studio individuati nel contesto delle aree archeologiche campane, con il fine di attivare strategie di manutenzione in grado ottimizzare la qualità degli interventi e garantire la fruibilità del Patrimonio in oggetto.

 

2. Analisi del quadro normativo per la manutenzione dei Beni Culturali

In questa fase dell’attività di ricerca è stata esaminata la normativa tecnica sul tema della manutenzione, allo scopo di individuarne le potenzialità e le criticità.

In particolare, va riferito che il concetto di manutenzione considerato anche in riferimento agli interventi sui Beni Culturali è stato introdotto dal D.P.R. 554/99, nel quale si specifica che “la manutenzione consiste in una serie di operazioni tecniche specialistiche periodicamente ripetibili volte a mantenere i caratteri storico-artistici, la materialità e la funzionalità del manufatto garantendone la conservazione”.

Il più recente D.P.R. 207/2010, Regolamento di attuazione del D.L.163/06, tuttavia afferma che i contenuti qualificanti e le finalità della manutenzione sono definiti all’articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.L 42/2004 e s.m.i.). Tale articolo individua nella manutenzione “il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti” rafforzandone il legame di reciprocità con la conservazione, sia dal punto di vista dei principi che operativo, senza però che a questo faccia seguito la predisposizione di strumenti attuativi realmente efficaci.

Va specificato, inoltre, che anche per l’intervento sui Beni Culturali, il D.P.R 554/99 introduce l’obbligo di redazione del Piano di manutenzione in fase di progettazione esecutiva. Il D.L. 163/06, abrogando la L. 109/94, ne conferma le disposizioni, aggiungendo che nella progettazione di interventi sui Beni Culturali, l’obbligo vige comunque, anche in caso di assenza di progetto esecutivo.

Sulla scorta di queste riflessioni, è importante mettere in luce che si riconoscono le grandi potenzialità che lo strumento del Piano di manutenzione potrebbe assumere in relazione alle caratteristiche specifiche degli interventi sui Beni Culturali, i quali comportano sempre lo sviluppo di una consistente attività conoscitiva. Se concepito in chiave evolutiva ed opportunamente integrato nei contenuti, il Piano potrebbe, infatti, rivelarsi uno strumento di grande utilità, oltre che per il perseguimento delle attività di conservazione, anche per la raccolta di informazioni, la registrazione delle attività ispettive e manutentive progressivamente attuate ed il monitoraggio delle condizioni di stato del bene edilizio.

Avendo, dunque, riconosciuto nel Piano di manutenzione la traduzione operativa delle premesse teoriche poste a fondamento della cultura della manutenzione e, al tempo stesso, il principale strumento per l’attuazione della manutenzione programmata, ne è stato definito il quadro legislativo di riferimento.

Dai provvedimenti normativi di natura cogente (L. 109/94, D.P.R 554/99, D.L. 163/06 e D.P.R. 207/2010) e di natura contestuale e volontaristica (Norma UNI) sono state ricavate le indicazioni sui contenuti e le modalità di attuazione del Piano di manutenzione.

I primi provvedimenti delineano il ruolo e le finalità del Piano di manutenzione, i secondi testimoniano un interesse crescente per la manutenzione e una esigenza di regole certe e condivise a cui rapportarsi.

In particolare è operata una disanima e una sistematizzazione della Normativa cogente riportata e della Normativa Tecnica di Consiglio.

L’analisi della normativa cogente ha posto in evidenza che il Piano di Manutenzione dell’opera e delle sue parti è un documento obbligatorio (L. 109/94 – art. 16, comma 5), stilato in fase progettuale e indirizzato alla futura gestione del Bene, al fine di garantirne le condizioni di efficienza. Tale elaborato interviene in ogni fase del Processo edilizio e seleziona la conoscenza prodotta durante la progettazione dell’intervento, aggiornandola e implementandola con i dati provenienti dall’esecuzione dello stesso. Esso diviene, pertanto, lo strumento d’ausilio per il governo del futuro ciclo di vita degli edifici.

L’analisi dei documenti normativi di consiglio ha consentito di individuare le procedure per elaborare e gestire le attività manutentive.

 

3) Individuazione delle criticità del quadro normativo relativo alla programmazione degli interventi manutentivi.

L’attività di ricerca svolta in questa fase ha consentito di identificare le criticità del quadro legislativo relativo alla programmazione della manutenzione finalizzata alla conservazione, rispetto: alle carenze riscontrate nel Piano di Manutenzione, alla valutazione del degrado degli elementi tecnici del Sistema Edilizio e all’individuazione di parametri di sostenibilità. In particolare tali problematiche sono riferite agli elementi di seguito riportati:

1. Il Piano di Manutenzione viene richiesto soltanto per le opere progettate e non per l’intero edificio. Tale elemento, non contemplato dalla normativa vigente, risulta di fondamentale importanza nel caso in cui l’ambito di riferimento è quello dei Beni Culturali. Il fine della conservazione dei caratteri storico-artistici, di quelli materico costruttivi e funzionali dello stesso, presuppone, infatti, che si debba tener conto sia dei singoli elementi tecnici interessati dall’intervento, che degli altri elementi ad esso contigui con i quali possono generarsi delle interazioni a costituire nodi tecnologici dei manufatti archeologici.

2. La normativa vigente rende obbligatori sia la redazione del Piano di Manutenzione durante la fase progettuale dell’intervento che l’aggiornamento del Piano a conclusione dei lavori, ma non ne rende cogente l’attuazione. Ciò limita la valenza di tale strumento, che potrebbe risultare strategico per garantire la conservazione del Bene.

3. Il Piano di Manutenzione viene attuato soltanto in relazione alla progettazione di un nuovo intervento o alla esecuzione di un progetto di riuso, riqualificazione o restauro. Sarebbe opportuno, invece, prevederne la redazione indipendentemente dall’esecuzione di un progetto, al fine di garantire la “cura” nel tempo del Bene in oggetto, favorendo il ricorso alla logica del “minimo intervento”.

4. Nella redazione del Piano di manutenzione non viene operata la valutazione dei guasti in relazione alle variabili di vulnerabilità, che vengono riconosciute nel ruolo degli elementi tecnici del sistema tecnologico, nelle patologie di degrado, nelle tipologie diverse di unità tecnologiche analoghe, nelle tecnologie di posa in opera, nei nodi/relazioni tra elementi tecnici, nelle compatibilità tra sistema esistente e interventi di retrofit.

5. Nella normativa cogente e tecnica di consiglio in materia di manutenzione si registra l’assenza della valutazione dei parametri di sostenibilità relativi all’intervento. In particolare, si segnala che i requisiti di durabilità, affidabilità e manutenibilità, previsti dalla normativa tecnica di consiglio, devono essere integrati con requisiti che prevedono i livelli di vulnerabilità, per conseguire la completezza del Piano di Manutenzione e per migliorare l’efficacia e l’efficienza del Cronoprogramma e dello Scadenzario, in un’ottica di sostenibilità. Pertanto, in relazione all’obiettivo di garantire strategie manutentive efficaci ed efficienti, adeguate al Bene, per il quale prolungare il ciclo di vita in un’ottica di sostenibilità, la ricerca si pone l’obiettivo di individuare ulteriori requisiti che gli interventi devono possedere in termini di sostenibilità.

Si può, inoltre, osservare che, il Piano di manutenzione nella prassi operativa viene spesso considerato, da parte dei soggetti promotori di interventi sui Beni Culturali, come un adempimento burocratico e che per il progettista rappresenta un onere economico non adeguatamente compensato dai tariffari professionali; pertanto, nella maggior parte dei casi, viene sviluppato e compilato in modo puramente formale e non secondo gli obiettivi e le potenzialità che gli sono proprie.

 

4) Analisi dei processi di manutenzione: scenario di riferimento, strumenti di controllo tecnico, piani di manutenzione certificati

Questa fase l’attività di ricerca è stata finalizzata all’analisi e alla valutazione degli impatti dei processi manutentivi sul Patrimonio Culturale.

Per definire i diversi approcci ed approfondimenti alle tematiche in oggetto, sono stati analizzati i seguenti aspetti:

1.        lo scenario di riferimento relativo alla manutenzione/conservazione programmata del Patrimonio Culturale;

2.        i contributi teorici e operativi della Tecnologia dell’Architettura;

3.        i Piani di Manutenzione Certificati.

Rispetto al primo punto sono state indagate le esperienze fondative svolte all’estero e in Italia, a partire dall’esempio olandese del “Monumentenwacht” alla “Carta del Rischio del Patrimonio Culturale”, che, in Italia, rappresenta il cuore degli strumenti tecnici per l’attuazione della conservazione programmata. Ciò ha consentito l’individuazione degli strumenti operativi finalizzati ad ottimizzare gli interventi di conservazione del Patrimonio Architettonico mediante attività programmate di cura del Bene.

L’organizzazione olandese e belga di Monumentenwatch  è stata la prima in Europa a dimostrare il potere di un metodo pragmatico incentrato sulla manutenzione sistematica e preventiva del bene.

Si tratta di una fondazione mista pubblico-privato promossa dal Ministero della Cultura olandese che svolge un servizio di monitoraggio, prevenzione e manutenzione del patrimonio architettonico di pregio.

Alla base di tale iniziativa c’è la volontà di prevenire il deterioramento del patrimonio storico immobiliare grazie ad un servizio capillare di supporto ed informazione indirizzato ai proprietari (o gestori) degli immobili.

In Italia, le questioni ed il dibattito sviluppatosi intorno a tale tema trovano le più lontane radici insite nel concetto di “restauro preventivo” elaborato da Cesare Brandi e passano per il primo tentativo di attuazione di Giovanni Urbani di valutazione globale dei fattori di degrado esteso ad un intero territorio. La metodologia di intervento che fa riferimento alla cosiddetta “conservazione/manutenzione programmata”, fondata sull’analisi e sulla valutazione dei fattori di rischio e deterioramento dei beni e sullo sviluppo di tecniche manutentive utili a posticipare gli interventi di restauro e massimizzare la durata del bene stesso, si articola, infatti, a partire dall’importanza fondamentale acquisita dalla prevenzione ai fini della conservazione.

In questo scenario si sviluppa la “Carta del Rischio del Patrimonio Culturale”, redatta nel 1997, dopo una gestazione ventennale, che si fonda sull’idea di individuare sistemi e procedimenti che consentano di programmare gli interventi di manutenzione e restauro sui beni culturali. Ne ripropone l’elencazione della composizione e distribuzione, nonché dell’entità e localizzazione dei fattori ambientali che possono produrre degrado. E’ strutturata in schede conservative e in un sistema di “mappe tematiche” che creano una banca dati indicante i “fattori di rischio” e un “modello di rischio”, consentendo la creazione di un Sistema Informativo Territoriale, messo a punto dalla Regione Lombardia in collaborazione con l’Istituto Regionale di Ricerca (IreR) e il Dipartimento BEST del Politecnico di Milano, che permette, quindi, di razionalizzare gli interventi di conservazione.

Il tracciato schedografico della Carta del Rischio costituisce, dunque, un fondamentale riferimento per gli strumenti tecnici della conservazione/manutenzione programmata, di cui viene garantito il costante aggiornamento attraverso il Programma di conservazione, che prevede attività di ispezione e manutenzione, in funzione del livello di rischio del Bene.

Rispetto al secondo punto è stata operata una ricognizione degli apporti teorici e delle prassi operative maturati nell’ambito della Tecnologia dell’Architettura e condivisi dalla comunità scientifica nazionale, che hanno prodotto strumenti a sostegno della manutenzione e gestione del Bene. La Tecnologia dell’Architettura ha, infatti, sviluppato la cultura della manutenzione programmata con l’obiettivo di garantire l’efficienza del Bene edilizio, introducendo la scomposizione del Sistema Edilizio e la valutazione prestazionale.

Le ricerche sono originate dai criteri che ispirano la manutenzione nel settore industriale, per costruire procedure e strumenti applicabili al Sistema Edilizio, elaborando Piani di manutenzione “dedicati”, in cui sono presenti le variabili legate all’unicità del Bene, alle tecnologie preindustriali, ai vincoli espressi dal Bene Culturale oggetto dell’intervento.

La stesura di tali Piani si traduce in un lavoro di censimento, raccolta ed elaborazione dei dati relativi alle suddette variabili, strutturati in sistemi informativi e di gestione degli interventi, sia nell’esecuzione che nella gestione temporale. In un’ottica di tipo conservativo, risulta necessario registrare sia i problemi connessi al degrado che quelli relativi all’obsolescenza funzionale del Bene edilizio e dei suoi componenti, al fine di tenere sotto controllo gli eventi di adeguamento e di trasformazione.

Sulla tematica in oggetto sono stati visionati i seguenti Programmi di Ricerca Nazionali (PRIN), relativi agli interventi di manutenzione e conservazione del Patrimonio Culturale.

Un apporto significativo alla programmazione degli interventi manutentivi sul Patrimonio Culturale è stato fornito dagli studi condotti dal Politecnico di Milano, dal 1999 partner della Regione in numerose ricerche sulla manutenzione degli edifici storici e dalle ricerche condotte dal Laboratorio di Riuso, Riqualificazione e Manutenzione dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Rispetto al terzo punto, la ricerca ha indagato le possibilità che vengono offerte dal Piano di Manutenzione Certificato, ponendo in evidenza come il Sistema di Gestione della Qualità applicato alla redazione del Manuale di Manutenzione si è dimostrato un modello gestionale flessibile ed adattabile, oltre che di grande efficacia per le ricerche nell’ambito della programmazione degli interventi manutentivi sul Patrimonio costruito. Per quanto riguarda la normativa sui Sistemi di Gestione della Qualità si è operata un’analisi delle norme a carattere volontario della serie ISO 9000 ed in particolare sono stati individuati i requisiti generali richiesti dalla Norma UNI EN ISO 9001:2008, che hanno consentito al Laboratorio di Riuso, Riqualificazione e Manutenzione del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II (ex Dipartimento di Configurazione e Attuazione dell’Architettura) di conseguire la certificazione di qualità per l’attività di ricerca relativa all’elaborazione di “Procedure e strumenti operativi per la manutenzione edilizia”. A questo scopo il Laboratorio ha sviluppato una Procedura Operativa per la redazione di un Manuale di Manutenzione certificato per gli edifici. La procedura definisce la metodologia operativa che, partendo dalle peculiarità dell’organismo edilizio e sulla base delle indicazioni fornite dalla normativa UNI, guida la redazione del Manuale di Manutenzione[1], contenente procedure, criteri e strumenti operativi attraverso i quali attuare la manutenzione programmata di un bene immobile. Il Sistema di Gestione della Qualità applicato alla redazione del Manuale di Manutenzione si è dimostrato un modello gestionale flessibile ed adattabile, oltre che di grande efficacia per le ricerche nel campo del recupero edilizio ed ambientale.[2] La ricerca che ha consentito di sperimentare l’applicazione del Sistema di Gestione della Qualità (SGQ), è stata finanziata dal Centro Regionale di Competenza BENECON ed ha riguardato il recupero del sistema dei mulini del Comune di Ottati, nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, costituito da manufatti rurali testimonianza della tradizione produttiva legata alle risorse locali. Lo stato di conservazione dei manufatti edilizi ha reso necessario un progetto di recupero e riuso in funzione del quale sono state sviluppate le strategie manutentive ed è stato redatto il Piano di manutenzione.

Il Sistema di Gestione della Qualità (SGQ) messo in atto dal DICATA, con la certificazione delle procedure e strumenti operativi per la manutenzione edilizia, è stato utilizzato anche nel caso delle procedure sperimentali per la conoscenza di parametri ambientali significativi per gli spazi semiconfinati, costituiti dalle tipologie edilizie a corte del centro storico di Napoli. In questo caso, il Piano di Gestione della Qualità ha riguardato la, programmazione, pianificazione e gestione delle attività di monitoraggio delle condizioni ambientali. Esso rappresenta uno strumento di supporto all’organizzazione dell’informazione e dell’attuazione degli interventi di monitoraggio, fornendo un quadro aggiornato delle attività di controllo e di correzione delle ipotesi di programma.

 

5) Individuazione deli Casi Studio e delle criticità in atto

Sito Archeologico di Pompei

In riferimento all’obiettivo dell’incarico di ricerca di reperire i dati necessari ai Piani di Manutenzione “dedicati”, sistematizzarli e tesarli su Casi Studio individuati nel contesto delle aree archeologiche campane, è stato preso in esame il Caso Studio dell’area archeologica di Pompei. Il fine è attivare strategie di manutenzione in grado ottimizzare la qualità degli interventi e garantire la fruibilità del Patrimonio in oggetto.

La scelta di operare su un sito di particolare complessità e rilevanza, nel quale le principali cause di degrado e di dissesto delle strutture archeologiche sono dovute principalmente a mancate manutenzioni, è dettata dalla volontà di declinare i temi della conoscenza, della prevenzione e della gestione della manutenzione in relazione alla peculiarità di ogni bene, ipotizzando scenari d’intervento misurati sulle specificità di volta in volta emergenti.

È evidente come la complessità dell’oggetto di studio impedisca l’utilizzo di strumenti standardizzati e necessita di un approccio multidisciplinare indirizzato a testare e validare gli strumenti messi in campo attraverso l’integrazione di diverse ed articolate competenze, presenti nel progetto Campus.

Il carattere rudeale, defunzionalizzato e particolarmente fragile rispetto all’aggressività ambientale del contesto preso in esame, a fronte di un’enorme pressione fruitiva, costituisce un importante fattore anche nella scelta delle logiche di programmazione delle attività previste nel Piano di Manutenzione, in termini del tipologia, estensione e cadenza diversificata degli interventi manutentivi da eseguire.

La necessità di intervenire attraverso tempestive azioni di manutenzione è dettata dalla situazioni potenzialmente critiche all’interno dell’area archeologica nella quale si sono verificati diversi crolli, tra i quali gli ultimi nel marzo 2014, che hanno spinto il governo ad emanare provvedimenti per la manutenzione ordinaria e l’avvio degli interventi «di somma urgenza».

Alla luce di tali considerazioni, sono state individuare le principali cause dirette di degrado e dissesto delle strutture archeologiche, e le pressioni naturali ed antropiche che impattano sulle condizioni di equilibrio delle strutture archeologiche, al fine di poter individuare strategie manutentive efficaci ed efficienti.

In questa fase della ricerca particolare attenzione è stata rivolta alla valutazione dei processi di manutenzione relativi al Caso Studio. È stato preso in esame il “Grande Progetto Pompei”, nato da una azione del Governo italiano che, attraverso il decreto legge n. 34/2011 (art. 2), ha inteso rafforzare l’efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell’area archeologica di Pompei mediante la elaborazione di un Programma straordinario ed urgente di interventi conservativi, di prevenzione, manutenzione e restauro.

Sono state individuate le linee fondamentali del Grande Progetto Pompei, che è accompagnato da un piano di studio scientifico e tecnico finalizzato alle diagnosi, all’approfondimento della conoscenza scientifica e all’indicazione delle scelte operative. Attraverso la piattaforma ‘open government’ della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei sono stati individuati i dati relativi ai singoli interventi ed è stata presa visione dei bandi di gara relativi ad opere di restauro, manutenzione e valorizzazione previste nel “Grande Progetto Pompei”.

È stata, inoltre, approfondita la conoscenza dell’area archeologica di Pompei attraverso la registrazione dello stato di conservazione di alcune insulae appartenenti agli scavi archeologici di Pompei, al fine di poter definire strategie di prevenzione e manutenzione. Tra tali beni saranno selezionati edifici rappresentativi per tipologia, materiali, stato di degrado e caratteri ritenuti significativi,  su cui delineare le modalità di intervento per la programmazione delle attività di manutenzione. Lo scopo prioritario della costruzione di una base conoscitiva, con la sistematizzazione e recupero dei dati sul Caso studio, è fondamentale per testare lo sviluppo di una metodologia di supporto decisionale e operativo agli interventi da attuarsi sui beni archeologici. Il fine è orientare gli operatori che intervengono nella tutela verso azioni di salvaguardia preventiva mediante una programmata opera di manutenzione dello stesso. Tali dati saranno finalizzati all’obiettivo realizzativo di programmazione delle attività manutentive per incrementare il ciclo di vita utile del Bene Archeologico, favorirne la fruizione e ottimizzare le risorse economiche a disposizione, attraverso la razionalizzazione delle ispezioni e degli interventi di manutenzione necessari alla conservazione della loro consistenza materico-costruttiva e dell’identità storico-culturale. Nell’ambito del processo manutentivo, la fase della conoscenza è strategica, in quanto ha come esito il sistema informativo che guida l’iter di pianificazione e programmazione delle attività manutentive e ne consente il monitoraggio.

In tale fase è stata raccolta la documentazione relativa a:

– l’acquisizione di cartografie e aerofotogrammetrie;

– lo studio della documentazione grafica;

– l’approfondimento della cartografia archeologica prodotta nell’ambito del grande Progetto Pompei nel 2011;

– la ricognizione diretta dello stato dei luoghi attraverso sopralluoghi.

Sono state individuate tre macrocategorie di manufatti per la valutazione di edifici  rappresentativi su cui delineare le modalità di intervento manutentivo:

– manufatti recentemente restaurati, in corso di restauro o comunque in buono stato di conservazione,  sui quali si ha conoscenza delle condizioni di stato e per i quali è possibile avviare la procedura per la redazione del Piano di Manutenzione;

– manufatti sui quali non è stato eseguito di recente un intervento di restauro, che si trovano in buono o discreto stato di conservazione, ma sui quali non si ha conoscenza adeguata delle condizioni di stato. Per tali manufatti non è possibile redigere nell’immediato il Piano di Manutenzione ma è necessario attivare prima un monitoraggio attraverso ispezioni, per un periodo adeguato di tempo, al fine di approfondire le condizioni di degrado del manufatto.

– manufatti che si trovano in precario stato di conservazione, per i quali è necessario attivare l’intervento di restauro che, come previsto dalla normativa cogente , richiede la stesura del Piano di Manutenzione a completamento del progetto esecutivo. Nel caso in cui non fosse possibile prevedere l’intervento di restauro nell’immediato, è possibile attivare ispezioni ed eventuali interventi di manutenzione al fine di mitigare le condizioni di rischio.

 

6)  Definizione del ruolo del Piano di Manutenzione nel Processo di recupero del Patrimonio Archeologico: fasi nelle quali interviene il Piano di Manutenzione.

Sono state analizzate le fasi del processo di intervento sul Patrimonio Archeologico ed è stato rilevato come, in di tale processo, il Piano di Manutenzione seleziona la conoscenza prodotta durante fase progettuale e la implementa e aggiorna con i dati provenienti dalla fase cantieristica dell’intervento. È stato, inoltre, esaminato in che modo la qualità del progetto esecutivo e la presenza di varianti in corso d’opera hanno delle ripercussioni sulla validità del Piano di manutenzione del Bene Archeologico.

 

7) Definizione della rilevanza dei processi di conoscenza nella strutturazione del Piano di Manutenzione per i beni archeologici.

È  stato indagato il ruolo della conoscenza nella redazione del Piano di Manutenzione e si posta in evidenza l’importanza della qualità delle informazioni rilevate prima dell’intervento (conoscenza ex-ante), al fine di ottimizzare le azioni di manutenzione e dei dati ricavabili dopo l’intervento (conoscenza ex-post), allo scopo di migliorare l’affidabilità delle previsioni nella programmazione degli interventi.

In particolare, si è posto in rilievo come, nel caso della manutenzione programmata dei Beni Archeologici, risulta fondamentale elaborare dati statistici e storici per conseguire una pianificazione efficace delle attività da svolgere. I sistemi informativi e di gestione risultano, infatti, strumenti strategici per il censimento, la raccolta e l’elaborazione di dati per il controllo degli interventi sia nell’esecuzione che nella gestione temporale.

 

8)  Individuazione della documentazione tecnica relativa al Manuale di Manutenzione fornita dalla Norma UNI 10874:2000.

È stata analizzata la documentazione tecnica prevista dal Manuale di Manutenzione, nella quale sono state individuate le schede da redigere per la strutturazione del Piano di Manutenzione. Le informazioni in esse contenute riguardano: l’individuazione dei principali dati identificativi del bene immobile; l’identificazione delle Unità Funzionali, degli elementi e dei componenti da sottoporre a manutenzione, delle Unità Ambientali e degli elementi spaziali; la localizzazione spaziale degli elementi tecnici manutenibilità; l’elaborazione della documentazione relativa allo stato di fatto del sistema costruttivo; la sistematizzazione delle informazioni per la conoscenza tecnologico/prestazionale del sistema costruttivo, rilevanti a fini manutentivi; la diagnosi dello stato di degrado fisico e/o funzionale; l’analisi degli eventi e dello stato di guasto del Sistema Edilizio;  i dati normativi.

 

9) Valutazione delle problematiche inerenti la strutturazione della documentazione tecnica relativa al Piano di Manutenzione del Patrimonio Archeologico e valutazione delle possibili varianti da introdurre.

È stata operata una prima valutazione delle criticità legate alla redazione della documentazione tecnica relativa allo strumento Piano di Manutenzione, concepito per le attività mauntentive sul bene edilizio, affinché possa essere rielaborato con caratteristiche tali da essere applicato con efficacia ed efficienza ai Beni Archeologici. Le problematicità rilevate sono principalmente legate:

– alla peculiarità dei dati identificativi del bene archeologico, che può presentarsi quale edificio completo o ruderizzato;

– alla codifica degli elementi tecnici e degli elementi spaziali del bene archeologico, che richiede un sistema di classificazione univoco per poter trattare (aggregare/selezionare/aggiornare) le informazioni a diversi livelli di articolazione;

– al riconoscimento dei vincoli percettivo-culturali, morfologico-dimensionali e materico-costruttivi posti dal bene archeologico nel suo complesso, delle Unità Ambientali, dagli elementi tecnici e dai componenti da sottoporre a manutenzione, che impongono la necessità di operare tener conto sia del singolo elemento/componente tecnico interessato dall’intervento, che degli altri ad esso contigui, con i quali possono generarsi delle interazioni;

– alla necessità di mettere a punto una procedura che consenta di valutare l’estensione e la gravità dei fenomeni di degrado, delle anomalie e dei guasti determinati da cause dirette e dalla presenza di variabili di vulnerabilità predisponenti o aggravanti.

– all’individuazione del quadro delle regole di riferimento, che devono comprendere le norme cogenti, quelle volontarie da applicare o applicabili, in rapporto alla gestione del bene.

 

10. Elaborazione della documentazione Tecnica del Piano di Manutenzione del Bene archeologico (Area Anagrafica).

Per la gestione delle attività di manutenzione del bene, nella fase anagrafica, le azioni da espletare riguardano: l’individuazione dei principali dati identificativi del bene archeologico; l’identificazione delle Unità Ambientali e degli elementi spaziali; degli elementi e dei componenti da sottoporre a manutenzione, la localizzazione spaziale degli elementi tecnici manutenibili; l’elaborazione della documentazione relativa allo stato di fatto del sistema costruttivo; la sistematizzazione delle informazioni per la conoscenza tecnologico/prestazionale del sistema costruttivo, rilevanti a fini manutentivi.

L’area anagrafica articola la fase di conoscenza attraverso strumenti specifici quali: Scheda Identificativa bene archeologico; Piano di scomposizione e classificazione del Sistema Tecnologico; Ricognitori delle Unità Tecnologiche e degli elementi tecnici; Piano di scomposizione e di classificazione del Sistema Ambientale, Ricognitori delle Unità Ambientali e degli elementi spaziali.

Lo studio ha previsto la strutturazione e redazione, a partire dalla Normativa Tecnica di consiglio per il bene edilizio (Norma UNI 10874:2000), da esempi significativi di beni archeologici dei quali si dispone della documentazione necessaria allo scopo (Villa di Oplonti – Torre Annunziata e Casa di Trebio – Pompei), dalle indicazioni fornite dalle schede della Carta del rischio del patrimonio archeologico e dalle Linee Guida per il Piano di Manutenzione, di quattro documenti dedicati al bene archeologico:

1. Scheda Identificativa del bene archeologico;

2. Piano di scomposizione e classificazione del Sistema Tecnologico del bene archeologico;

3. Scheda di Elemento tecnico del Bene Archeologico;

Per la strutturazione e redazione della scheda identificativa del bene archeologico, divisa in 6 sezioni, si è assunto come riferimento il contenuto della scheda Identificativa del Bene Immobile prevista dalla Norma UNI 10874:2000 e sono state apportate revisioni e integrazioni in relazione alle specificità dei beni archeologici. Si riportano le informazioni relative a: localizzazione dell’edificio; dati dimensionali; morfologia del bene; caratteristiche materico-costruttive del Sistema Tecnologico, delle Unità Tecnologiche e degli Elementi Tecnici che lo costituiscono; dati giuridico normativi; dati funzionali; sistemi di protezione e di sicurezza.

Per la strutturazione e redazione del Piano di scomposizione e classificazione del Sistema Tecnologico (PSCT) del bene archeologico si è fatto riferimento alla Norma UNI 8290:1981 – parte I e alle indicazioni fornite dalle Linee Guida per il Piano di Manutenzione. Sono stati utilizzati codici alfanumerici per l’individuazione e la lettura di tutte le parti (classi di unità tecnologiche, unità tecnologiche, classi di elemento tecnico e elemento tecnico) in cui è possibile discretizzare il sistema tecnologico del bene archeologico.

Valutate le indicazioni fornite dalla Normativa Tecnica di Consiglio, si è ritenuto di dover integrare la codifica con una ulteriore classe di unità tecnologiche relativa agli apparati decorativi.

Per la strutturazione e redazione della Scheda di Elemento tecnico del Bene Archeologico, divisa in 6 sezioni, si è assunto come riferimento il contenuto delle Schede tecniche per unità funzionale e Elemento tecnico previste dalla Norma UNI 10874:2000 e sono state apportate revisioni e integrazioni in relazione alle specificità dei beni archeologici. I dati contenuti in questa scheda rappresentano un archivio di informazioni utili a definire un quadro informativo sulla consistenza tecnologica e materica degli elementi tecnici costituenti il bene in esame.

Tali dati sono indispensabili a definire successivamente i livelli di manutenibilità e a valutare la compatibilità con le tecnologie da utilizzate nell’intervento di manutenzione.

 

Aversa, Gennaio 2015

 

Tutor: Prof. Arch. Maria Rita Pinto                                               Contrattista: Arch. Flavia Leone

 

[1] Norma UNI 10874:2000, Manutenzione dei patrimoni immobiliari – Criteri di stesura dei Manuali d’uso e di Manutenzione.
[2] Pinto, M.R., Fabbricatti, K., Viscardi, C. 2007. “Il processo di certificazione per la redazione del manuale di manutenzione: il sistema dei mulini di Ottati”, in Fiore, V. (a cura di). La cultura della manutenzione nel progetto edilizio e urbano. Atti del convegno nazionale. LetteraVentidue Edizioni, Palermo, pp. 382-387.